Professore Gucci, nota dolente per tutta l'agricoltura, i cambiamenti climatici hanno avuto le loro conseguenze anche nel settore olivicolo. Quali sono le principali e come si stanno affrontando?
Per comprendere quali sono gli effetti potenziali dei cambiamenti climatici sull’olivicoltura basta riferirsi all’annata in corso. La primavera e l’estate sono state contraddistinte da temperature molto elevate soprattutto in alcune aree normalmente non abituate a questi estremi termici per cui le temperature nel nord, centro e sud sono state simili. E’ venuta meno quindi più la tradizionale distinzione tra aree dal clima fresco o caldo, che di solito viene utilizzata per caratterizzare l’olivicoltura italiana. Per fare qualche esempio, in Toscana le massime assolute registrate nei mesi giugno e luglio hanno raggiunto 39,1 °C a Braccagni (GR) e 39,3 °C a Greve in Chianti (FI) valori molto vicini ai 41,4 °C misurati a Corato (BA) o a Castelvetrano (40,6 °C). Durante i mesi di giugno e luglio si sono verificate temperature medie massime superiori a 35 °C per 25 giorni su 61 a Braccagni e a Greve in Chianti, per 32 a Castelvetrano (TP) e per 25 a Corato (BA). Inoltre, colpisce l’assenza o quasi di precipitazioni non solo in Sicilia ma nelle suddette località toscane, in cui la siccità è stata più grave che in Puglia fino a metà agosto.
Tanti sono gli effetti causati dai cambiamenti climatici. Sebbene l’olivo sia una specie resistente a siccità ed alte temperature in presenza di lunghi e intensi periodi di stress da caldo e carenza idrica si hanno conseguenze negative sulla produttività. Temperature superiori a 30 °C deprimono l’antesi, l’impollinazione e la fecondazione. Se la primavera è mite si ha un anticipo di fioritura, quantificabile quest’anno in 7-15 giorni. Condizioni di deficit idrico durante lo sviluppo della mignola diminuiscono il numero di infiorescenze, il numero di fiori (in particolare di fiori perfetti), e lo sviluppo dell’ovulo. Se la siccità colpisce anche durante le due-tre settimane prima della fioritura è possibile osservare la disidratazione dei petali, che cadono precocemente ancora chiusi e lasciano esposto lo stimma non più recettivo per l’impollinazione. Sintomi visibili dello stress termico sono la necrosi di interi frutticini che si possono manifestare già dai primi giorni dopo l’allegagione. Il problema persiste anche in frutti più grandi, fino all’indurimento del nocciolo, perché questi organi mantengono una certa attività degli stomi e quindi la capacità di termoregolare e contenere l’innalzamento termico entro certi limiti. I danni sono comunque più comuni sui frutticini nelle prime settimane di sviluppo, ma ovviamente dipende dalle condizioni di temperatura atmosferica e dallo stato idrico dell’albero. Il permanere di condizioni di carenza idrica e alte temperature porta anche a progressive ondate di cascola dei frutti con conseguenze negative sulla produzione. Come scritto per la fioritura, siccità e alte temperature soprattutto verso la fine dell’estate ed inizio autunno conducono ad un anticipo della maturazione del frutto.
L’annata in corso ha evidenziato quello che dobbiamo aspettarci per gli anni a venire anche in olivicoltura. Situazioni di insolite temperature estreme si sono verificate anche in Spagna, Portogallo, Grecia e perfino nei paesi del centro e nord Europa, come ci hanno informato i media nel corso dell’estate.
Come è possibile affrontare il problema e mitigare questi effetti?
Non si hanno molti strumenti a disposizione. Sicuramente aver scelto terreni e climi freschi al momento dell’impianto conta molto, ma come si è visto le cose stanno cambiando con alte temperature e siccità persistenti in aree finora considerate non particolarmente calde o aride.
Il periodo più critico per l’esposizione di organi riproduttivi e dei frutticini a stress termico ed idrico inizia da circa tre settimane prima della fioritura e giunge fino a 8-10 settimane dopo la fioritura, per cui bisogna cercare di intervenire per tutto questo arco di tempo. Contro tali tipi di stress l’intervento più efficace è l’irrigazione. Tale pratica consente di prevenire o risolvere gli effetti dovuti alla carenza idrica, consentendo all’albero di portare avanti i processi di fioritura, allegagione e sviluppo iniziale dei frutticini. Normalmente l’epoca di fioritura e allegagione avveniva in periodi in cui la riserva idrica nel suolo era sufficiente a causa delle piogge autunnali ed invernali, ma ormai non è più così non solo nelle regioni meridionali ed insulari ma nache in quelle del centro Italia. La possibilità di irrigare presuppone l’esistenza di un impianto irriguo localizzato, ma in assenza di questo anche un paio di interventi di soccorso possono alleviare gli effetti dannosi di siccità e alte temperature. Per il futuro i cali di produzione dovuti ad alte temperature riguarderanno soprattutto gli oliveti in asciutto. Rimane il problema dell’approvvigionamento idrico, come si è visto nella corrente stagione in cui le falde sono già molto basse a fine primavera. A livello normativo vi è la necessità di programmare ed incentivare la captazione in invasi artificali delle acque superficiali che ruscellano nei periodi piovosi. In altre parole servono bacini di raccolta delle acque piovane, laghetti o cisterne diffusi sul territorio in modo che la aziende abbiano a disposizione delle fonti da cui attingere acqua nei periodi critici. Altrettanto importante è sensibilizzare gli agricoltori al ripristino della sostanza organica nel terreno mediante pratiche che migliorino la fertilità del suolo e ne aumentino la capacità di ritenzione idrica.