Anche i Georgofili bocciano (di nuovo) l’etichetta a semaforo

di Giulia Bartalozzi
  • 14 September 2022

Un recente studio del centro comune di ricerca della Commissione europea (JRC) ha stabilito che l’etichetta a semaforo sugli alimenti (Nutriscore) è da preferire a quella a batteria (Nutrinform Battery) in quanto più immediata alla comprensione dei consumatori. La tesi è che “le persone preferiscono informazioni semplici e colorate fronte pacco”.
Il problema è che le informazioni fornite dall’etichetta a semaforo sono spesso fuorvianti e scorrette dal punto di vista scientifico, tant’è che penalizzano molti prodotti alimentari italiani, da sempre fiore all’occhiello dieta mediterranea, riconosciuta universalmente come la più sana. Il Nutriscore è infatti un sistema che premia gli alimenti con meno zuccheri, grassi e sale, senza contare l’effettiva quantità del prodotto utilizzata nella dieta; considerando il valore dei nutrienti per 100 grammi, il Nutriscore finisce per scoraggiare il consumo di prodotti salutari come l’olio extravergine d’oliva, considerato paradossalmente meno sano di una bibita gassata senza zucchero.
La notizia del parere favorevole all’etichetta a semaforo ha dunque scatenato un fronte compatto di reazioni negative da parte di tutto il settore agroalimentare italiano. "Il consumatore deve avere il maggior numero di informazioni possibili su cosa sta acquistando, non essere condizionato nelle proprie scelte da una lettera o da un colore, peraltro stabilito in base a un algoritmo sbagliato, fuorviante e superficiale", ha affermato in un comunicato il sottosegretario al Mipaaf Gian Marco Centinaio, commentando le conclusioni dello studio del JRC. Anche Coldiretti, sulla stessa linea, ha sottolineato che “il Nutriscore è un sistema di etichettatura fuorviante, discriminatorio ed incompleto che finisce paradossalmente per escludere dalla dieta alimenti sani e naturali che da secoli sono presenti sulle tavole per favorire prodotti artificiali di cui in alcuni casi non è nota neanche la ricetta, mentre, al contrario, l'equilibrio nutrizionale non va ricercato nel singolo prodotto ma nel bilanciamento tra i diversi cibi consumati nella dieta giornaliera e per questo non sono accettabili etichette semplicistiche che allarmano o scoraggiano il consumo di uno specifico prodotto”.
L’Accademia dei Georgofili ha già espresso la propria posizione sull’etichettatura degli alimenti, in un documento fruibile liberamente sul sito dell’Accademia (https://www.georgofili.it/Media?c=7a645adf-7bea-43db-8eac-41c50549878e), realizzato da un apposito gruppo di lavoro formato da Paolo De Castro, Paolo Fantozzi, Andrea Ghiselli, Michele Pasca-Raymondo e Marcello Ticca, che definisce il Nutriscore fuorviante. “Un’etichetta fronte pacco può essere utile per i consumatori, soprattutto per i meno informati e poco educati, a condizione che comporti un’informazione chiara, fruibile, oggettiva e non ingannevole che insegni al consumatore il concetto di porzione e lo aiuti a effettuare scelte adeguate e consapevoli, senza delegare semplicisticamente la scelta a un’impressione visiva di carattere istintivo”.
Poiché i risultati del report JRC verranno presi in considerazione per la definizione del nuovo regolamento sull’etichettatura fronte pacco obbligatoria dei prodotti, che la Commissione europea dovrà varare al più tardi nel 2023 per promuovere un’alimentazione sana e ridurre di incidenza patologie come diabete, malattie cardiovascolari e cancro sul Vecchio Continente, i Georgofili ritengono opportuno ribadire ancora la propria posizione, scientifica e super partes, pur consapevoli del fatto che la politica potrà non tenerne conto.
Il Prof. Paolo Fantozzi, coordinatore del Comitato Consultivo dei Georgofili sulle Tecnologie Alimentari commenta:  “Ricordando il preambolo nutrizionale sul quale l’Accademia dei Georgofili ha basato la sua posizione sulla questione Etichetta fronte-Pacco:  «L’eccedenza ponderale della popolazione e le malattie croniche non trasmissibili generalmente associate stanno determinando ovunque nel mondo un carico di malattia altissimo con ricadute e costi alla lunga insopportabili per la società. Una gran parte di queste malattie deriva da abitudini alimentari non corrette il cui contrasto deve avvalersi di una strategia combinata di interventi sul singolo e sulla collettività», mi domando: quanto è giusto sacrificare sull’altare della semplicità la correttezza scientifica?
Cosa può indurre i politici europei a ritenere che i consumatori siano degli ignoranti non capaci di interpretare correttamente le altre numerose proposte di sistemi di etichettatura sul tappeto? Forse l’essere meno immediati e colorati ma certamente più esaustivi e veritieri viene considerato come un difetto?
A questo punto, anche a nome del Gruppo di lavoro che mi onoro di coordinare, mi sento di dover concludere che, in mancanza di una reale strategica combinazione di interventi, sia veramente più conveniente NON procedere alla ufficializzazione di una ulteriore aggiuntiva etichetta volontaria europea, piuttosto che forzatamente accettarne una palesemente insoddisfacente, perché non possiede nessuno dei fondamentali e corretti requisiti richiesti dalla UE (obiettività, comprensibilità, non ingannevolezza, non negoziabilità, etc.)”.