Le biomasse sono una gran bella opportunità se le si chiamano per nome e per cognome: viceversa, usando la macrocategoria “biomasse” si rischia di fare di tutta l’erba un fascio e poi di buttare via tutto! Il biogas non è il digestato, e il cippato non è il pellet. Le singole configurazioni tecnico-economiche e merceologiche delle varie biomasse sono importantissime, come anche la rispettiva tecnologia di impiego per produrre le varie energie termica o elettrica.
Perché un materiale organico vegetale o animale possa chiamarsi biomassa ed essere un’opportunità sul piano economico-ambientale, la cosa migliore è che nasca come scarto di altre produzioni (ad es. il nocciolino residuo dei frantoi oleari), che sia disponibile in abbondanza e magari con continuità (ad es. reflui zootecnici), e infine che sia movimentato il meno possibile data la scarsa massa sterica, ovvero che viaggi poco e sia utilizzato nelle vicinanze: altrimenti potrebbe non essere più vera l’uguaglianza “rinnovabile = sostenibile”. Uno dei pregi economico-ambientali delle biomasse è infatti la bassa energia “grigia” (l’energia necessaria per produrre energia: come noto, per le fonti fossili l’energia grigia è molto alta).
Per quanto riguarda il legno, sono tre i combustibili legnosi ricompresi nelle biomasse.
Per l’Italia, negli ultimi 15 anni sono entrate le stufe a pellet nelle nostre case, in virtù del ridotto ingombro, del comfort nella gestione (immancabile display elettronico), della capillare reperibilità commerciale di questo combustibile: che ha origine industriale, spesso estera.
Col robusti aiuti pubblici agli impianti di potenza maggiore si è diffuso il cippato: schegge di legno vergine i cui mucchi alimentano con buona automazione soprattutto le centrali di cogenerazione o che teleriscaldano residenze ed edifici di interi paesi. Talvolta simili realizzazioni incontrano pregiudizi, resistenze e viva opposizione di comitati ideologicamente prevenuti e poco informati.
Nella verde Toscana sempre più selvatica (- 40% di aziende agricole nel recente 2000-10, fonte ISTAT) la produzione di energia termica a partire dal legno non è una novità, grazie alla tradizionale legna da ardere tagliata a pezzi da camino, stufa o caldaia; sono ben presenti inoltre impianti moderni ad alta efficienza, anche se purtroppo un vero monitoraggio della loro efficienza in esercizio (e quindi delle minori emissioni) pare non esserci. Viene prodotta e consumata in modo ubiquitario nei territori rurali e sta conoscendo una fase di ulteriore affermazione per la relativa convenienza e come forma di ammortizzatore sociale fai da te. In Toscana la gran parte dei boschi regolarmente tagliati ogni anno (20.000 ettari su circa 1 milione) da proprietari, aziende agricole o ditte compratrici fornisce appunto legna da ardere. Ne viene venduta molta che fuori regione ma tanta ne viene consumata in loco, a scala domestica. Non sarebbe esattamente una biomassa (= sottoprodotto), in quanto la legna è il prodotto principale della coltivazione del bosco: motivo in più per utilizzarla come fonte rinnovabile, “motore” anche di presidio e di reddito. Dal lato della merceologia, del mercato e dell’innovazione possibile la si studia poco, pur avendo un consumo nazionale 10 volte maggiore dello studiatissimo cippato.
Rural biomass: but which one?
Biomass is a great opportunity if we call it by its full name: conversely, by using “biomass” as a macro-category, we are liable to lump everything together and then toss it all away! Biogas is not digestate and woodchips are not pellets. The individual techno-economic and product configurations of the various types of biomass are very important as is the technology utilized to produce thermal or electrical energy. For plant or animal organic material to be called biomass and for it to be an economic and environmental opportunity, the best source would be the waste left over from other production processes (e.g., olive stones from oil mills), available in abundance and, perhaps better, continuously (e.g., animal wastes). Finally, it is important that it be moved as little as possible given the poor steric mass. In other words, it cannot travel long distances and must be used locally, otherwise the “renewable=sustainable” equation no longer applies. Indeed, one of the economic and environmental merits of biomass is that it requires minimal “grey” energy (the energy needed to produce energy). As is well known, grey energy for fossil fuels is very high.