Solo due flash dalla recentissima assemblea di Fruitimprese. Il presidente Marco Salvi che spiega che per noi il mondo va al contrario: “sono più i mercati che si chiudono di quelli che si aprono”. E l’appassionato intervento di Ettore Prandini, presidente Coldiretti, che si è chiesto: “quanto ci è costato il reddito di cittadinanza? Quanto ci sono costati i vari bonus, i 110 per cento e altri elargiti a mani basse negli ultimi anni? Decine di miliardi. Se li avessimo impiegati per ridurre il costo del lavoro in agricoltura, e in particolare in ortofrutta, non saremmo qui a raccontarci un’altra storia?”. Adesso il governo parla di un taglio del cuneo fiscale perché con l’inflazione galoppante è diventato prioritario mettere qualche euro in più in tasca ai lavoratori dipendenti. Vedremo.
Fine 2021 e primo trimestre 2022, cambia il mondo. Dunque, nell’ordine. Prima la pandemia planetaria del Covid. Poi, appena ne stiamo uscendo, un violento tsunami sui prezzi delle materie prime e dei servizi logistici innescato proprio dalla ripresa economica globale. I prezzi si surriscaldano e torna il rischio inflazione dagli Usa all’Europa. A dare la spallata definitiva arriva dal 24 febbraio la guerra di aggressione della Russia verso l'Ucraina che stravolge le basi dell'economia europea (mostrandone i piedi d’argilla: la dipendenza energetica) e sconvolgendo lo status quo dei rapporti fra Russia ed economie occidentali. Questa guerra sta cambiando il mondo così come l'abbiamo conosciuto finora. Intanto l'inflazione non si ferma, i tassi salgono, il livello monstre del nostro debito pubblico torna ad essere un problema, la crescita si arresta, torna lo spettro della recessione e a completare la striscia dei disastri, esplode il dramma della siccità, la più grave negli ultimi 70 anni. In Italia non abbiamo mai avuto una vera politica energetica ma neppure una politica di salvaguardia delle risorse naturali, di cui l'acqua è la prima. Adesso per l'acqua fioccano le richieste di stato di calamità/emergenza ma fra un po' dovremo chiedere lo stato di emergenza per chiunque produca alimenti di largo consumo perché il differenziale costi produttivi-prezzi realizzati è sempre più insostenibile per le imprese produttive stante la volontà dei grandi retailer di non riconoscere alla produzione se non in minima parte un adeguamento dei listini. La concorrenza spietata fra le catene e il calo perdurante dei consumi sta facendo il resto e il boom dei discount-discount è lì a dimostrarlo.
Le produzioni estive di ortofrutta sono parzialmente a rischio: il tema non è quanto si produce ma ‘a quanto’ si produce, cioè i costi produttivi fuori controllo, a partire dai mezzi tecnici alla logistica. Altro tema di cui si parla spesso: l’aggregazione. Forse non è più il primo problema, la prima priorità. E’ condizione necessaria, ovviamente, ma non sufficiente. Serve stare insieme, ci mancherebbe, ma è più importante starci in maniera davvero efficiente, razionalizzare ed efficientare i processi produttivi, con attenzione massima all’innovazione per ridurre al minimo la burocrazia. Stare insieme per innovare, per fare margini dove da soli si perde va benissimo. Stare insieme solo per catturare qualche risorsa pubblica in più è senza futuro. Lo spettro di una crisi alimentare mondiale allunga lunghe ombre sul nostro export di ortofrutta: se l’Egitto deve spendere il doppio per il grano che non produce, ovviamente taglierà l’import di mele della Val di Non, che non sono indispensabili quanto il pane. Un primo segnale di sofferenza sono i dati dell’export del primo trimestre, in forte sofferenza.
I prezzi di frutta e verdura aumentano anch’essi, ma non in campagna. Ha spiegato bene la situazione Cesare Ferrero, presidente Sogemi (Ortomercato Milano). Frutta e verdura a Milano all’ingrosso subiscono rincari dal 10% in su. Attenzione però. “Il prodotto ortofrutta ‘a terra’ ha sempre lo stesso costo…quando il prodotto arriva a Milano ha un costo più elevato e viene venduto a prezzi che in passato non si erano raggiunti. A terra costa lo stesso, a tavola costa molto di più, a causa dei costi intermedi: logistica, distribuzione, imballaggi e così via. Il sistema sta alzando tutti i prezzi”.
La GDO si dice impegnata a calmierare i prezzi. All’assemblea Fruitimprese Maura Latini, ad di COOP, ha detto che al 5 giugno i prezzi di acquisto dei beni alimentari hanno subìto rincari dell’8-10% che COOP ha trasferito alla vendita per meno del 2%. Quindi, par di capire, un 8% di aumenti COOP se li è tenuti in casa pur di non perdere vendite. Ma alla lunga non potrà durare. Serve chiarezza e trasparenza, dice Latini e va costruita assieme “una filiera per tenere in equilibrio prezzi sostenibili. E va combattuta la banalizzazione del valore delle merci causato da due fenomeni concomitanti: l’online e il boom dei discount”.
L’impressione è però che la GDO si limiti a insistere solo sulla sua volontà di “difendere il consumatore” lasciando da parte o dimenticando problemi delle imprese produttrici, alle prese con aumenti di costi mai visti prima. Il mondo dell’ortofrutta è alle prese con una tempesta perfetta (più costi, meno consumi, meno ricavi, meno export) che lascerà in vita solo le imprese più strutturate, solo le aggregazioni davvero efficienti. E gli appelli alla politica – tanti ne sono saliti proprio dall’assemblea di Fruitimprese – mi sembrano destinati a cadere nel vuoto.
*Direttore del Corriere Ortofrutticolo