L’immunità vegetale indica la capacità di una pianta di difendersi dai potenziali bioaggressori esterni. In campo agronomico questo concetto vede la sua diretta applicazione nella selezione genetica e nell’utilizzo di induttori di resistenza.
Le risposte immunitarie hanno un “costo energetico” per le piante, che può comportare anche potenziali svantaggi, quali, ad esempio, una maggiore sensibilità verso patogeni “estranei” alle resistenze genetiche costitutive o indotte, oppure modificazioni del profilo organolettico delle produzioni (es. alterazioni gustative e/o digestive dei prodotti).
Nelle piante immunità e crescita hanno, in genere, andamento opposto, poiché l’energia metabolica necessaria per l’uno o per l’altro processo è spesso un fattore limitante.
Inoltre, la crescita attiva delle colture può favorire lo sviluppo di alcuni micro/macro organismi fitopatogeni che, nonostante tutti i diversi meccanismi di difesa messi in atto, possono arrecare danni economici importanti.
In generale, tutte le pratiche colturali che agiscono sullo stato fisiologico delle piante possono modificare le risposte immunitarie di difesa. Rientrano fra queste le azioni di fertilizzazione/biostimolazione, le lavorazioni, l’irrigazione, ecc.
Anche il clima e l’ambiente biotico (microbiota del suolo, endomicrobiota, microbiota epifita) possono condizionare le modalità di espressione dell’immunità vegetale, sia nei processi naturali di resistenza, sia nelle risposte all’utilizzo di induttori di resistenza esogeni.
La conoscenza dei fattori e/o mezzi antagonisti o sinergici con l’azione degli induttori di resistenza può migliorare notevolmente i risultati applicativi. Al contrario, l’utilizzo esclusivo di queste sostanze, spesso senza conoscenze scientifiche multidisciplinari, può portare a conseguenze contraddittorie o, addirittura, negative.
La complessità delle interazioni biotiche e abiotiche dell’agroecosistema sul fenomeno biologico dell’immunità vegetale impone di considerare tutti i componenti in modo congiunto e non singolarmente.
Da ciò viene fuori il concetto di Immunità Agroecologica, che tiene conto e integra tutti i fattori interni ( endomicrobiota, genetica) ed esterni (pratiche colturali, induttori di resistenza, clima, interazioni biotiche) alla pianta che, potenzialmente, possono modificare le risposte immunitarie di questa.
Cosi, il futuro della difesa delle produzioni agroalimentari ci riporta, forse senza volerlo, ai primi anni del cambiamento “epocale” nella fitoiatria, quello della lotta integrata, successivamente trasformata nei sistemi dei disciplinari di produzione integrata.
Probabilmente, però, negli anni, alcune nozioni basilari sono state dimenticate, quali quelle di biologia, agroecologia e fisiologia delle piante e dei patogeni, a vantaggio di altri termini come sostanze attive, resistenze, induttori, ecc.
La strada della difesa ecocompatibile è ancora lunga, e la biologia, base fondamentale della fitoiatria, come sempre, non ammette semplificazioni ma richiede solo conoscenze complesse e complete.