Il polpo spopola sulle tavole dei ristoranti e quarantaquattro sono le ricette presentate su un sito informatico, dalle insalate e “carpacci” ai condimenti per paste e via dicendo, divenendo uno dei più popolari tra i cinquecentocinquanta animali acquatici, dalle ostriche e gamberetti ai salmoni e persino tonno rosso, allevati in cattività in quasi centonovanta paesi e in molti paesi industrializzati divenendo oltre la metà del mercato ittico. Diversi i motivi di questo successo in tavola e tra questi vi sono quelli di poter trasformare il polpo in diversi modi senza mostrare le sue forme tanto da non sembrare un pesce che pertanto è ben accettato anche dai vegetariani. Circa trecento sono le specie di polpi, più di cento delle quali catturate in vario modo con un pescato mondiale che già quindici anni fa era di circa quattrocentomila tonnellate e che è andato sempre crescendo. Oggi l'Asia rappresenta i due terzi del pescato mondiale di polpi e i principali importatori sono Giappone, Corea, Spagna, Grecia, Portogallo e Italia, con una domanda in crescita con una inevitabile crescita dei prezzi che rendono interessante un allevamento dell’Octopus vulgaris, polpo di facile adattamento alle condizioni di cattività, alto tasso di crescita, vita breve di solo uno o due anni, accettazione di alimenti naturali di basso valore, alto tasso riproduttivo e alto prezzo di mercato. Già nel 1977 l’allevamento del polpo con i suoi problemi è stato ipotizzato da Roger T. Hanlon (Roger H. T. - Laboratory rearing of the atlantic reef octopus, Octopus briareus robson, and its potential for mariculture - Proceedings of the annual meeting - World Mariculture Society, March 1977) e studiato nel 2004 da PauloVaz-Pires e collaboratori (Vaz-Pires P., Seixas P., Barbosa A. - Aquaculture potential of the common octopus (Octopus vulgaris Cuvier, 1797): a review – Aquaculture, 238 (1–4), 2004, pag. 221-238). Governi, università e aziende private hanno recentemente investito importanti risorse nell'allevamento di polpi che sta divenendo una realtà e al tempo stesso inizia a sollevare questioni di diverso tipo, dalla salute e benessere dei polpi allevati, alla loro alimentazione con i relativi riflessi ambientali. Il polpo è prevalentemente “carnivoro” e si nutre di crostacei, ricci di mare, altri molluschi e piccoli pesci e il suo l'allevamento ha le stesse conseguenze ambientali di altri tipi di acquacoltura carnivora, potendo aumentare, non alleviare, la pressione sugli animali acquatici selvatici. I polpi hanno un tasso di conversione alimentare di circa tre a uno (il peso degli animali acquatici necessario per l’allevamento è circa tre volte quello del polpo prodotto) impoverendo la pesca globale e non risolve le sfide di fornire un'alimentazione adeguata a una popolazione umana in crescita. Inoltre per alcuni, ma il loro numero sembra in crescita, anche se i ricercatori dell'acquacoltura scopriranno una dieta meno insostenibile per il polpo e se si riducessero gli impatti ecologici, l'allevamento del polpo sarebbe etico se non immorale.
Da tempo gli studi sui polpi dimostrano che questi invertebrati hanno un cervello relativamente grande e sistemi nervosi sofisticati, con un comportamento complesso. I polpi sono in grado di risolvere problemi cambiando di colore per imitare l'ambiente circostante, hanno una buona memoria, superano in astuzia gli squali predatori, discriminano i singoli esseri umani, hanno comportamenti interpretati come giocosi e cacciano in risposta a segnali cooperativi inviati dai pesci. Per questo alcuni hanno ipotizzato che il polpo sia capace di esperienze di tipo “cosciente” e sia un essere senziente, ritenendo che per ragioni etiche questo animale non sia adatto a una vita in cattività e in una produzione di massa.
In questo momento, l'allevamento di polpi è limitato dalla tecnologia perché è difficile mantenere in vita gli animali nelle loro prime fasi di vita, ma con ulteriori investimenti e ricerche sarà possibile allevare polpi su scala industriale. È anche di questi giorni la notizia che una multinazionale spagnola sta iniziando a commercializzare il polpo comune (Octopus vulgaris) allevato nelle Isole Canarie con una produzione prevista di tremila tonnellate all’anno. Non è possibile al momento prevedere il futuro di questo allevamento e il dibattito che potrebbe scaturire da un problema molto complicato e irto di complessità culturali. Si potrebbe a questo punto obiettare che anche ai maiali è attribuita una notevole intelligenza per cui quale sarebbe, quindi, la differenza tra un maiale d’allevamento e un polpo? Sarà necessario indicare al consumatore se un polpo è selvaggio o di allevamento? A chi il compito di giudicare se mangiare un polpo è un atto etico se non immorale?