Non è la prima volta che ci occupiamo degli sprechi degli avanzi alimentari delle nostre tavole, dei mercati e dell’industria che possono essere reimpiegati in alimentazione animale, in particolare per la produzione di latte. Ci ricorda l’argomento un articolo di “All About Feed” del 13 maggio scorso, a firma Treena Hein.
L’articolo ci informa su qual è la situazione globale, dagli Stati Uniti e Canada all’India, passando per l’Europa.
Secondo vari studi di alcune università americane, gli alimenti destinati alle bovine da latte negli Stati Uniti contengono dal 20 al 30% di avanzi alimentari di varia origine, con punte del 40%. I risultati in termini qualitativi e quantitativi di produzione di latte sono in tutto confrontabili con quelli ottenibili con cereali e semi di leguminose tradizionali. I sottoprodotti più comuni sono i residui dell’industria di panificazione e dolciaria, i residui di distilleria, scarti di frutta ed i ritagli delle verdure.
Le statistiche della “Northwest Dairy Association” riferite al 2015 indicano che circa 140 tonnellate di scarti alimentari vengono impiegate ogni giorno nell’alimentazione delle bovine da latte negli Stati Uniti. Uno studio dell’Università di Wisconsin-Madison ha identificato ben 41 diversi tipi di scarti e sottoprodotti.
In India, dove le attività zootecniche legate alla produzione lattiera sono di primaria importanza economica, gli scarti delle attività agricole sono utilizzati al massimo, compresi la pula di riso, vari panelli di oli vegetali, l’amido estratto da vari tipi di palma (sago starch). Una azienda start-up sta avendo successo con i suoi scarti alimentari disidratati in ambiente controllato.
In Canada è partito un progetto che coinvolge quasi duemila fra mangimisti ed allevatori. Il progetto si basa sulla informazione e formazione degli allevatori ed è sotto il controllo della Canadian Food Inspection Agency (CFIA), che garantisce il rispetto delle disposizioni di legge sugli alimenti. In aggiunta, il governo federale ha lanciato il progetto “Food Waste Reduction Challenge” che prevede sovvenzioni per più di 10 milioni di dollari canadesi a chi propone soluzioni innovative, nello spirito dell’intento delle Nazioni Unite di ridurre del 50% gli sprechi alimentari a livello globale, per il 2030.
In Europa, per il momento ci limitiamo ad “auspicare” la rapida indicazione di regole per l’uso degli scarti alimentari in alimentazione animale. Se ne dovrebbe occupare la “European Dairy Association”. La presidente Hélène Simonin-Rosenheimer rileva che gli ostacoli al progetto sono soprattutto dovuti alla diffidenza nei riguardi della sicurezza alimentare dell’impiego degli scarti in alimentazione animale. La legislazione attuale, prosegue la presidente, di fatto impedisce un approccio pratico al problema, per cui le norme devono essere aggiornate per rispondere alle aumentate richieste delle istituzioni, industrie, cittadini di prevenire ulteriori sprechi, in un mondo sempre più povero. Se non altro per allinearsi con gli obiettivi del Circular Economy Action Plan europeo.
Per l’uso corretto degli scarti, gli allevatori devono contare, oltre che sulla sicurezza alimentare, anche sul supporto di nutrizionisti preparati che consiglino razioni bilanciate ed appetibili.
A questo proposito, ci informa l’articolo di Treena Hein, sono disponibili delle tabelle con i valori nutrizionali di molti sottoprodotti, pubblicate nel 2015 a cura del Dr. Randy Shaver dell’Università di Wisconsin-Madison. Non sono un’assoluta novità: anche dalle nostre parti esistono pubblicazioni con i valori nutrizionali dei più comuni tuberi e radici, dei pastazzi di agrumi, delle sanse o delle trebbie di birra.
Non ci resta che fare appello, anche noi, ai legislatori europei che, saggiamente, adeguino le norme, visto che esiste già un piano europeo di azione di economia circolare.