Il “modello del formaggio svizzero” (o delle piastre forate) è un modello di comunicazione creato circa 20 anni fa da un professore dell'Università di Manchester, James Reason. Da allora è stato utilizzato in tutti i campi delle scienze e, recentemente, adattato dal dottor Ian Mackay dell'Università del Queensland, in Australia, per affrontare la pandemia del COVID-19.
Il concetto alla base è il seguente: se vogliamo evitare un pericolo, una disgrazia, una malattia, ecc., – come accade oggi con la pandemia COVID-19- non possiamo mai fidarci di una sola barriera; ne dobbiamo mettere in campo il più possibile perché sappiamo, per esperienza, che nessuna barriera è impenetrabile.
Nel modello del formaggio svizzero, le difese di un'organizzazione contro il fallimento sono modellate come una serie di barriere, rappresentate come fette di formaggio, in particolare formaggio svizzero con buchi noti come "occhi" (es. Emmental). I fori nelle fette rappresentano punti deboli nelle singole parti del sistema e variano continuamente in termini di dimensioni e posizione tra le fette.
Il sistema produce danni quando un foro, in ciascuna fetta, si allinea momentaneamente, consentendo (nelle parole di Reason) "una traiettoria di opportunità di incidente", in modo che un pericolo (es. patogeno) passi attraverso i fori in tutte le sezioni, portando a un guasto (es. malattia). Purtroppo è impossibile sapere il numero dei “buchi”, quando, come e se questi si allineano. Possiamo solo ridurre le dimensioni dei “buchi” e impiegare più “fette di formaggio” (metodi di difesa) per ostacolare la strada al patogeno.
Tutte le barriere hanno punti deboli ("buchi") – proprio come il formaggio svizzero – e quando permettiamo a questi "buchi" di allinearsi, il patogeno può superare le barriere e raggiungerci.
Il verificarsi di un incidente in un sistema è il risultato di un numero elevatissimo di combinazioni di possibili eventi indesiderati che si susseguono: l'obiettivo è ridurre la probabilità di accadimento dell'infortunio moltiplicando e rafforzando tutte le risorse tecniche, umane e organizzative (piastre di protezione) e riducendo al minimo il numero e l'entità degli errori latenti nel sistema (fori nelle piastre di protezione).
Così, il verificarsi di una malattia in un agroecosistema è il risultato di un numero elevato di condizioni favorevoli allo sviluppo del patogeno: pratiche agronomiche e scelte “non ottimali” messe in atto dall’agricoltore, metodi e mezzi di difesa non “infallibili”, consigli tecnici sbagliati, ecc.
Sarà compito del tecnico e dell’agricoltore utilizzare più metodi/mezzi di difesa (“fette di formaggio”) e ridurre le dimensioni dei “buchi”, poiché è impossibile conoscere un ipotetico allineamento dei fori che condurrebbe al danno economico.
Gli errori umani, che rappresentano anch’essi dei “buchi”, sono inevitabili (anche se possono essere ridotti con la formazione, l'istruzione, l'esperienza). Tuttavia, resta possibile che si possa commettere un errore, se non altro a livello decisionale.
Nella difesa fitosanitaria ridurre le dimensioni dei “buchi” significa evitare errori agronomici (es. scelta del sito d’impianto, scelte varietali, potature, irrigazioni, fertilizzazioni non eseguite correttamente, ecc.), utilizzare correttamente i prodotti e le macchine per i trattamenti, rispettare le Buone Norme di Pratica Agricola, la legislazione vigente in materia, ecc.
La difesa in vista del “Farm to fork” vorrà dire meno “buchi” e di minori dimensioni e più “fette” di formaggio (sistemi complessi di difesa) per affrontare le nuove sfide nel settore fitosanitario-ambientale-sanitario.