Lunedì 20 giugno prossimo l’Accademia dei Georgofili di Firenze ospiterà un incontro per approfondire le basi scientifiche e le prospettive economiche dell’uso del biochar e di altre azioni del comparto agricolo per riportare carbonio nel suolo.
Prof. Chiaramonti, perché è importante riportare il carbonio nei suoli?
Il Carbonio è un elemento fondamentale per la salute dei suoli e per la vita in generale. Purtroppo, uno degli effetti del cambiamento climatico è proprio quello di impoverire i terreni di questo prezioso elemento, in particolare l'area del Mediterraneo e del Sud Europa. E' dunque essenziale mettere in atto tutte le misure in grado di riportare Carbonio e sostanza organica là dove dovrebbe essere presente, in particolare nei primi 30 cm del terreno, dove può svolgere una serie di funzioni importanti. Ad esempio, aumentare la capacità di ritenzione idrica del terreno, consentire il lento rilascio dei nutrienti, ed in generale migliorare la struttura creando condizioni favorevoli alla vita microbiologica. Ovviamente, il biochar deve essere prodotto in modo corretto e controllato per garantire le caratteristiche desiderate (e regolate da norme e standard specifici).
Che cos' è in parole semplici il biochar? Quali tecnologie sono attualmente disponibili per poterlo utilizzare?
Il biochar è un prodotto carbonioso ottenuto tramite il trattamento termico della biomassa lignocellulosica in condizioni di assenza totale (o talvolta presenza parziale) di ossigeno: questo processo si chiama pirolisi o carbonizzazione. La struttura del biochar è porosa, con pori di dimensione, e quindi volume e superficie, variabile a seconda della materia prima utilizzata e delle condizioni di processo. Il biochar "stabilizza" il Carbonio: tecnicamente si usa spesso il termine "recalcitrante" proprio per indicare la sua elevata resistenza alla degradazione nel terreno. Assieme a questo prodotto solido il processo genera un gas rinnovabile, il pyrogas, che può essere utilizzato per fornire energia al processo stesso, oppure essere valorizzato in vario modo con processi più complessi, sia per la parte incondensabile che per quella condensabile.
Le tecnologie di pirolisi, normalmente operanti a temperature comprese tra i 400 ed i 600 °C negli impianti industriali, sono ormai mature e disponibili in varie configurazioni reattoristiche, dai cosiddetti letti fissi ai reattori a forno rotante ed altri. Ciascuna tipologia di impianto presenta caratteristiche diverse, da considerare alla luce della tipologia di biomassa immessa in alimentazione e della costanza delle caratteristiche chimico-fisiche.
ll biochar può essere prodotto anche in impianti di gassificazione, nei quali comunque il prodotto primario è un gas destinato alla generazione di energia elettrica e/o cogenerazione. Le caratteristiche del biochar così ottenuto sono anche leggermente diverse rispetto a quello ottenuto in pirolisi.
Un ulteriore prodotto solido spesso citato in questo ambito è l'hydrochar, ottenuto da un processo ad umido (mentre pirolisi e gassificazione sono processi a secco) denominato Carbonizzazione Idroterma. In realtà l'hydrochar è un prodotto molto diverso dal biochar, con livelli di carbonio labile (cioè non stabile) molto elevati, prossimi alla biomassa da cui è stato prodotto, e con limitata porosità. Non è quindi opportuno confondere biochar ed hydrochar, in quanto si tratta sostanzialmente di materiali diversi, come diverso è l'impatto dei due sia in ambito agronomico che per quanto concerne il sequestro di Carbonio.
Il biochar è inoltre sinergico con altri prodotti quali il compost, che invece fornisce Carbonio rapidamente disponibile alle piante, assieme a nutrienti. Addirittura, noi abbiamo testato processi combinati, dove il biochar è utilizzato come additivo al processo di compostaggio stesso, trattenendo ad esempio nutrienti che andrebbero altrimenti persi in atmosfera o nel lisciviato, ed accelerando e migliorando il rilascio del Carbonio ottenuto tramite il processo di Compostaggio.
Infine, la carbonizzazione consente un migliore recupero di elementi critici ad alto valore aggiunto, quali Fosforo, Zolfo ed altri, più difficilmente separabili dalla matrice iniziale se non carbonizzata in biochar od addirittura ossidata.
Ritiene che gli imprenditori agricoli coglieranno l'occasione? E' una pratica costosa? Al momento sono previsti incentivi?
La Commissione Europea e gli Stati Membri stanno ponendo grande attenzione al tema del Carbonio del suolo. Nel Dicembre 2021 la Commissione ha rilasciato anche una Comunicazione interamente dedicata al Carbon Farming, ed altre iniziative analoghe stanno sviluppandosi (inclusa una di cui in particolare si discuterà nella giornata di studio ai Georgofili, l'Innovation Deal). Detto questo, creare nuovi mercati richiede necessariamente tempo, mentre l'emergenza climatica spinge verso soluzioni rapide, e di veloce attuazione a scala significativa. Il problema quindi di sviluppare ed impiegare modelli economici che utilizzino mercati esistenti, quali ad esempio l'Emission Trading Scheme in Europa, si pone quindi come una delle principali azioni. Questo è in effetti il cuore della giornata di studio presso la nostra Accademia.
Gli agricoltori, se sapranno cogliere questa opportunità, potranno non solo avere nuove opportunità di reddito, ma anche contrastare il cambiamento climatico e rendere i propri terreni più resilienti e produttivi, supportando e migliorando la loro produzione primaria. Questo ovviamente combinandola con altri elementi chiave, quali l'impiego di fertilizzanti organici, un migliore uso di acqua e nutrienti, ed in ultima istanza l'adozione di pratiche agronomiche sostenibili in grado di incrementare l'efficienza.
Visti i vantaggi per l'ambiente, a che punto è l'adozione del biochar in Italia, in Europa e nel mondo?
Siamo a buon punto, il mercato di questo prodotto sta crescendo in modo regolare e costante, ma siamo ancora lontani dalle enormi potenzialità possibili. E proprio su questo stiamo lavorando, anche assieme alla fondazione iCHAR, fondata ormai da molti anni fa proprio per promuovere il biochar nei suoi vari impieghi e diffondere la conoscenza di questo prodotto, ed altri attori in Italia, in Europa ed all'estero.
Al 2021 vi erano oltre 100 installazioni, con capacità superiore alle 200 tonnellate anno. Il tasso di crescita del mercato è dell'ordine del 71%, per una produzione cumulata tra le 60 e le 70.000 tonnellate anno.
Al momento le aree dove si registrano le maggiori attività sono Germania, Scandinavia ed Austria/Svizzera. Questo nonostante i terreni che maggiormente richiederebbero questo tipo di interventi sono proprio quelli del Sud Europa e del Mediterraneo.
Che cosa fa la Fondazione Re-Soil di cui lei fai parte?
La Fondazione Re-Soil, presieduta dalla collega prof.ssa Fino del Politecnico di Torino, vede tra i soggetti fondatori - oltre al Politecnico - prestigiosi Enti e Aziende quali Novamont, Coldiretti, e Università di Bologna. La Fondazione sta crescendo rapidamente sia come attività che come composizione, e si è dotata di un ampio Comitato Scientifico che la supporta nelle sue attività. Re-Soil si occupa di salvaguardare uno dei beni più importanti e allo stesso tempo sottovalutati del Pianeta, il suolo, e di dare impulso ad un reale cambiamento a partire dalla sua tutela e dal concetto chiave di rigenerazione territoriale anche attraverso la sensibilizzazione e coinvolgimento della società civile sul ruolo chiave del suolo per la vita, in sinergia con gli stakeholders attivi nel settore.