I limiti dello sviluppo sociale ed economico, che nei primi anni ’70 erano stimati in 100 anni, sono stati allontanati dai progressi dell’Agricoltura che è ancora suscettibile di espansione e in grado di portare nuovi contributi al superamento della fame nel mondo. I deficit di risorse alimentari hanno incoraggiato tentativi di incremento della produzione attraverso la messa a coltura di nuove terre e i metodi intensivi di coltivazione a forte impatto ambientale (uso massiccio di fertilizzanti e antiparassitari); le sempre maggiori conoscenze nell’ingegneria genetica, hanno anche stimolato la ricerca di organismi più produttivi, più resistenti ai patogeni e che meglio utilizzano i nutrienti del terreno, mimando, con modifiche mirate del DNA, i processi che avvengono in natura (organizzazione del pool genico per selezione o incrocio). Si possono infatti trasferire sequenze geniche anche tra specie molto distanti, a dimostrazione di come il loro linguaggio sia universale; gli organismi condividono larga parte del loro corredo genetico, tanto da permetterci di capire come funzionano alcuni geni umani attraverso lo studio dei loro corrispondenti nel topo o nel lievito di birra.
Negli ultimi 30-40 anni, le tecnologie transgeniche del DNA ricombinante hanno permesso di disporre, in breve tempo e con minori costi, di farmaci, approcci diagnostici e terapeutici e di creare nuove popolazioni vegetali, animali e microbiche. Nel mondo sono oltre 3000 le piante GM coltivate soprattutto in Stati Uniti, Canada, Cina, India, Brasile, Argentina, Messico, Australia, Filippine, Sud Africa, che vanno da pomodoro a frumento, mais, orzo, patata, cotone, tabacco, pisello, melanzana, peperone, lattuga, cavolo, cicoria, barbabietola, soia, colza e foraggiere varie, melo, ciliegio, melone, fragole, olivo, papaia, ecc. Negli Stati Uniti oltre il 70% della soia e del cotone è coltivato con varietà resistenti agli erbicidi che hanno comportato aumenti di produzione e riduzione dei costi di diserbo. In Cina sono stati approvati 262 OGM vegetali, animali e microrganismi, mentre l’India ottiene da semi OGM oltre il 90% della propria produzione di cotone. Nel settore animale al momento si prevede l'uso per l'uomo solo di pesci transgenici (trote, lucci, carpe, salmoni, pesce gatto e tilapia), con maggiore resistenza alle patologie, con riduzione della sterilità e con accelerazione dell'accrescimento.
In Italia sono ben accette all’opinione pubblica le biotecnologie genetiche applicate alla salute, al biorisanamento di ambienti contaminati e alla produzione di energia, mentre sono alte le preoccupazioni per l’uso alimentare di OGM vegetali o animali e/o per la loro diffusione nell’ambiente o nelle specie animali e/o per i possibili ma imprevedibili effetti a lungo termine quale la resistenza di patogeni agli antibiotici. Malgrado una Legge del 2005 che prevedeva un piano di coesistenza e la parità tra i diversi tipi di agricoltura e malgrado che si usino molto più pesticidi degli Stati Uniti, molte Regioni hanno approvato norme che impediscono la coltivazione di OGM sul loro territorio.
Per affrontare il problema su basi scientifiche e per valutare le implicazioni sanitarie e ambientali, l’Unione Europea, già nel 1985 avviò ricerche in merito e nel 2000 giunse alla conclusione che “le ricerche dimostrano che le piante geneticamente modificate e i prodotti sviluppati e commercializzati fino ad oggi …. non hanno presentato alcun rischio per la salute umana o per l’ambiente. Anzi …. le più accurate valutazioni …. rendono …. questi prodotti ancora più sicuri di quelli convenzionali”. L’UE e l’Organizzazione Mondiale della Sanità hanno concordato sulla necessità di studi tossicologici e di monitoraggio a lungo termine per garantire la sicurezza di ogni alimento, anche per le preoccupazioni che i limiti etico-politici potrebbero vincolare il progresso.
Tutte le Accademie e Società Scientifiche mondiali del settore agro-zootecnico concordano su un dialogo equilibrato, partendo dagli studi svolti sulla valutazione di sicurezza degli OGM; alla base dell’analisi dei risultati scientifici ci deve essere la consapevolezza che la conoscenza è sempre migliorabile e che il successo della biotecnologia deriva dalla sua capacità di rispondere alle esigenze economiche e sociali, tenendo conto che i vantaggi derivanti dal suo impiego devono essere sempre superiori ai possibili rischi.