È recente l’approvazione presso la Conferenza Stato-Regioni del “Piano di Settore per le Bioenergie – Le filiere bioenergetiche e l’agricoltura italiana”, prodotto dal MiPAAF tramite apposito Tavolo di Filiera istituito come articolazione del Tavolo della Filiera Agroalimentare (previsto dal D.lgs. 102/05) e partecipato da 65 Soggetti; il cui elenco sarebbe realmente istruttivo ma impegnerebbe la metà della presente nota. E questo è il primo dato caratterizzante il Piano: la difficoltà di maturare un vero orientamento unitario a partire da una massa notevole e qualificata di input pervenuti al Tavolo di Filiera.
Il Piano di Settore per le Bioenergie scadrà fra 6 anni. Nel frattempo dovrebbe accompagnare (o addirittura guidare) questo ambito strategico per l’Italia e per il settore agricolo e forestale, con le sue 10 Azioni verticali attraversate da 1 Priorità orizzontale (il coordinamento efficace tra le Istituzioni coinvolte e tra i diversi strumenti di intervento). E questo conferma quanto già constatato: non si tratta di una vera pianificazione strategica, ma di un pur utile collettore di istanze già altrove elaborate e magari anche finanziate. In questo senso sono molto opportuni i prospetti in appendice al Piano stesso, che menzionano le linee di finanziamento quali i fondi Feasr, Fesr, Fse, Fseamp e altri.
Il Piano per le Bioenergie si affianca necessariamente a strumenti simili o di rango superiore, quali il Piano di Azione Nazionale per le fonti rinnovabili di energia (PAN) del 2010, e la Strategia Energetica Nazionale (SEN) del 2013, quest’ultima articolata in 3 Criticità, 4 Obiettivi e 7 Priorità.
Il
Piano per le Bioenergie, inoltre, data la competenza del Ministero che lo ha prodotto non prescinde da altre pianificazioni ugualmente strategiche come il Programma Quadro del Settore Forestale 2009-2019 (
http://www.georgofili.info/detail.aspx?id=1653 ) e il Piano della Filiera del Legno 2012-14, ormai in scadenza senza che la filiera nazionale ne abbia avuto sentore.
I limiti del Piano di Settore per le Bioenergie ne fanno un’occasione mancata: e l’occasione di un piano pluriennale e strategico quale dovrebbe essere se non orientare e finalizzare le risorse reali (umane, aziendali, finanziarie) del sistema Paese verso un traguardo comune di cui concretamente beneficiare a fine corsa nel 2020?
I limiti del Piano sono questi: non definisce risultati attesi (quindi non monitorabili né raggiungibili); difetta di un linguaggio univoco, preciso e lineare come modalità elementare di condivisione della vision prospettata; suscita fisiologica diffidenza quando in virtù delle bioenergie prospetta "magnifiche sorti e progressive" per un settore agricolo italiano di cui il Piano stesso registra la crisi strutturale (citando Istat con un – 34% di aziende agricole nell’ultimo decennio); omette di spiegare come la multifunzionalità (fra cui le bioenergie) possa integrare il mancato reddito da crollo generalizzato della domanda interna anche alimentare; rivela scarsa conoscenza del settore agricolo come potenziale attivatore di investimenti, quando trascura che 1 milione di aziende (del 1,6 milione attive in Italia) ricavano da attività agricola un reddito annuo di 10.000 €; equipara con disinvoltura filiera, comparto e settore, come se fosse un blocco omogeneo e coeso, diverso dai 65 stakeholders che hanno contribuito al Tavolo.