L’Ispra (l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) ha pubblicato un nuovo Rapporto sul consumo di suolo in Italia, a dir poco allarmante: 8 metri quadrati al secondo (circa 70 ettari al giorno) di terreno agricolo coperto dal cemento; Eurostat colloca il consumo di suolo in Italia al quinto posto in Europa (preceduta peraltro da Paesi molto piccoli, come Malta, Belgio, Olanda e Lussemburgo), rispetto a una media Ue del 4,6%.
Le principali conseguenze sono: diffusa impermeabilizzazione e quindi più elevata probabilità di effetti catastrofici delle piogge (di cui abbiamo già evidenti conferme); meno disponibilità di terre coltivabili e riduzione dell’autosufficienza alimentare (anche questa già ampiamente documentata); squilibrio fra vegetazione e popolazione con peggioramento dell’ossigenazione dell’aria (ormai oltre il livello di guardia soprattutto intorno alle grandi città); degrado paesaggistico, con effetti negativi anche sulla vocazione turistica dei territori (particolarmente grave nelle zone costiere).
Quali i possibili rimedi? Cessare la costruzione di nuove abitazioni, visto che delle esistenti molte sono inutilizzate, sottoutilizzate, o recuperabili previo restauro. Concentrare l’urbanizzazione impedendo l’edificazione “sparsa” che compromette il razionale uso agricolo dei terreni. Impedire l’ulteriore diffusione di aree commerciali e industriali nelle campagne, utilizzando meglio gli spazi urbanizzati.
Senza un rapido mutamento di rotta, lasceremo ai nostri pronipoti un territorio non più coltivabile. Per questo la legge sul consumo di suolo sarebbe urgentissima.
Da: L’Informatore Agrario n. 35/2014