Che la Sardegna e la Toscana (assieme all’alto Lazio) siano le regioni di elezione del pecorino, particolarissimo tipo di formaggio, lo dice la storia e il successo delle attuali produzioni ottenute in queste aree. Il filo che lega le due produzioni più tipiche, il Toscanello, da una parte, e il Fiore Sardo, dall’altra, è l’esercizio di una pastorizia basata fondamentalmente sullo sfruttamento delle risorse foraggere spontanee mediante il pascolamento. L’impiego, infatti, delle erbe fresche, quali componenti principali delle razioni alimentari delle pecore in lattazione, consente non solo il trasferimento al latte di aromi unici derivanti dalla grande biodiversità delle essenze pascolate, ma comporta anche l’accumulo nei prodotti di importanti sostanze a effetto nutraceutico, primo fra tutti l’acido linoleico coniugato (CLA). Non a caso, le Università di Pisa, Firenze e di Sassari e Cagliari sono all’avanguardia nello studio degli effetti benefici di questo acido grasso di cui sono particolarmente ricchi i pecorini toscani e sardi. Gli studi condotti sugli animali e sull’uomo hanno dimostrato, infatti, che il consumo costante dei pecorini toscano e sardo ottenuti da pecore al pascolo provoca una significativa riduzione della colesterolemia e un abbassamento di importanti fattori pro-infiammatori. Ma il benefico effetto sulla salute non è sufficiente se disgiunto dalla principale qualità rappresentata dalla bontà: il bouquet di questi straordinari formaggi deriva, oltreché dai pascoli, anche dalla microflora lattiero-casearia presente nel latte e negli starter selezionati con ceppi locali impiegati nei processi di caseificazione. In questo senso, il legame con i territori di origine è il marchio di stile di questi latticini che li rende inimitabili al di fuori delle regioni di origine. Infine, poiché le greggi arredano vaste aree di Toscana e Sardegna, consumarne i formaggi è un po’ come gustare i paesaggi considerati fra i più suggestivi della nostra bella Italia.