Professore Giuntoli, Lei è Presidente di un’antica istituzione fiorentina, nata proprio dall’Accademia dei Georgofili. Ci spiega la vostra attività, che cosa si è mantenuto e che cosa è cambiato evolvendosi, in tutti questi anni?
La nostra attività è cambiata nel senso che si è adeguata ai mezzi ed ai tempi più efficienti della società contemporanea, ma la passione ed i valori sono rimasti gli stessi. Ad esempio, oltre alle nostre mostre ed alla formazione tradizionale si sono affiancati i corsi in remoto che possono essere seguiti comodamente anche da casa ma consigliamo sempre di venire in campo a fare esperienza pratica. Crediamo infatti che la nostra associazione, una delle più antiche del mondo, debba promuovere la cultura e la passione per la cura delle piante e del giardino come attività che sono intrinsecamente parte della storia e della natura umana. Abbiamo d’altra parte sperimentato tutti, durante il lockdown dovuto alla pandemia, quale fosse il bisogno di avere a che fare con la Natura, chiunque ha potuto si è messo a coltivare qualsiasi cosa, fosse anche un pomodoro in vaso della terrazza, proprio perché questo aspetto è parte di noi e della nostra anima.
Lei è stato recentemente chiamato a far parte del Comitato per lo sviluppo del verde pubblico del Ministero della Transizione ecologica, su diretta nomina del Ministro Roberto Cingolani. Qualcosa sta cambiando se i decisori politici si affiancano competenze tecniche e scientifiche per trattare un argomento delicato come l’ambiente?
Si certamente, la sensibilità dei cittadini e della classe politica sta cambiando già da alcuni anni, un trend che fortunatamente sta ancora accelerando e che piano piano speriamo possa allineare il nostro paese agli altri paesi europei che fino ad ora nel verde pubblico erano molto più avanti di noi. Chi come me si occupa di questo aspetto da decenni sa bene, infatti, che, pur avendo le competenze scientifiche e progettuali, noi specialisti del settore eravamo poco ascoltati in Italia proprio per lo scarso interesse della classe politica, cosa che di conseguenza portava ad investimenti insignificanti. Questa tendenza sta cambiando perché forse ci siamo accorti di non poter fare a meno della Natura e quindi dobbiamo adottare delle politiche di sviluppo in particolare nelle città che riescano a mantenere un corretto equilibrio tra la componente costruita e quella naturale.
Quale è precisamente il suo compito al Ministero?
Il Comitato di cui faccio parte è stato istituito dalla legge 10/2013 e, tra l’altro, effettua azioni di monitoraggio sull'attuazione di tutte le vigenti disposizioni di legge con finalità di incremento del verde pubblico e privato; promuove l'attività degli enti locali interessati…; propone un piano nazionale che, d'intesa con la Conferenza unificata, fissa criteri e linee guida per la realizzazione di aree verdi … e di filari alberati lungo le strade,…; verifica le azioni poste in essere dagli enti locali a garanzia della sicurezza delle alberate stradali e dei singoli alberi posti …; promuove gli interventi volti a favorire i giardini storici, ecc. ecc.. Come si può vedere il Comitato è chiamato a svolgere compiti complessi che richiederanno anni di duro lavoro e che speriamo di poter svolgere al meglio.
Ancora un incarico importante è quello di membro del Consiglio di Vigilanza nel progetto della "Fondazione per il futuro delle città”, presentato a Firenze qualche mese fa. La Fondazione è diretta dal neurobiologo vegetale Stefano Mancuso, accademico dei Georgofili, direttore del Linv (Laboratorio internazionale di neurobiologia vegetale) e docente dell'Università di Firenze. Insieme a Lei nel Consiglio ci sono Stefano Boeri, Chicco Testa, Massimo Labra e Luciano Cimbolini. Un gruppo quindi molto variegato tra scienziati, economisti, architetti e paesaggisti, che lavorerà al fine comune di realizzare soluzioni praticabili per trasformare le nostre città da elementi inquinanti a cardini della transizione ecologica. Ci può raccontare meglio come porterete avanti questo ambizioso progetto?
Questo è un progetto fortemente voluto dal Governo italiano per creare un luogo di ricerca, studio e formazione su una tematica fondamentale per lo sviluppo sostenibile della nostra società. Già in altri paesi il tema della città è diventato un focus della ricerca scientifica un’azione che ha portato a scoperte molto importanti che definiranno come si svilupperanno nei prossimi decenni i centri urbani luoghi che rappresentano lo spazio vitale privilegiato dalla specie umana. Sappiamo infatti che oltre il 50% della popolazione vive già nelle città, in Europa anche molta di più, quindi dobbiamo capire bene, con un serio supporto scientifico e non sulla base di idee preconcette o di ipotesi più o meno empiriche o fantasiose come dovremo progettare la nicchia ecologica per il futuro della nostra specie. La nomina di Stefano Mancuso a direttore scientifico e la composizione del consiglio di vigilanza offre un chiaro indizio su quali saranno le impostazioni della Fondazione, che i temi di ricerca saranno la resilienza, la transizione ecologica e la capacità di offrire un benessere alla specie umana in equilibrio con la Natura.
Nel suo lavoro quotidiano di paesaggista, quali sono gli elementi che confluiscono nella realizzazione dei suoi progetti? Conta di più l’estetica, la funzione biologica delle piante come assorbimento di CO2 o anche il fatto che, come provano molti studi scientifici, la presenza del verde stimola il benessere mentale degli esseri umani?
Il mio Studio, da sempre, progetta spazi urbani, periurbani, privati o pubblici che sviluppano al meglio ognuna di queste componenti: vivibilità, ambiente, resilienza e naturalmente bellezza. Tutto questo mix deve anche essere gestibile e fruibile in maniera funzionale. E’ importante nel processo progettuale riuscire a coniugare le necessità dell’Uomo con quelle della Natura che ci circonda, tenendo però bene in conto anche tutti quei valori culturali, storici ed estetici che caratterizzano la nostra società.
Purtroppo si assiste invece ancora a progetti di spazi urbani disegnati come fossero soprammobili, da guardare ma non usare, con piazze invivibili per la mancanza di alberi che le ombreggino o sedute comode che le rendano ospitali o anche con fantasiosi rivestimenti di piante su pareti verticali, oggetti di lusso, anche belli, ma inaccettabili per costi di realizzazione e manutenzione e che non offrono sicuramente soluzioni ambientali sostenibili