La qualità del grano alla raccolta dipende principalmente dal suo contenuto proteico. La gestione ottimale della fertilizzazione azotata è essenziale per raggiungere questo obiettivo. Risultano fondamentali il numero degli apporti e i momenti di applicazione, le dosi, le forme chimiche del concime, ecc. È altresì importante il rispetto delle norme legislative (es. direttive nitrati) per ridurre il potenziale inquinamento delle acque.
In linea generale, il fabbisogno in azoto del cereale dipende dal livello produttivo prefissato, dalle condizioni pedoclimatiche e dalle diverse cultivar. Indipendentemente dal potenziale di rendimento, queste hanno fabbisogni azotati differenti.
L’impennata del prezzo dei concimi obbliga agricoltori e tecnici a valutare attentamente le possibili vie di “contrazione” delle dosi dei fertilizzanti. Ciò è possibile se al concetto “assoluto” di DOSE si legano importanti e basilari nozioni multidisciplinari di agronomia, coltivazioni, chimica agraria, “agricoltura di precisione”, ecc.
Manifestare nelle piazze non risolve assolutamente i problemi, a maggior ragione quando alcune materie prime (es. fosforo) sono “naturalmente” vicine all’esaurimento. Non si tratta, cioè, di “capricci” politici, ma di “fine” naturale di prodotti utilizzati, negli anni, in modo esagerato e non razionale.
È necessario applicare quei principii tecnico-scientifici che sappiamo e conosciamo bene ormai da anni, ma che sistematicamente ignoriamo tutte le volte che le cose “vanno bene” e i prezzi delle materie prime risultano ridotti, così da condurci all’uso/abuso dei mezzi di produzione senza effettivi ritorni economici e senza pensare a possibili periodi di “carestie”.
Importante, inoltre, non cadere nelle “false” credenze sulla concimazione, spesso “avallate” da tecnici poco aggiornati o restii ad accertare le novità/indicazioni provenienti dalla ricerca scientifica.
Da non dimenticare, poi, le normative/obblighi della Politica Agraria Comunitaria (PAC) relativamente agli avvicendamenti e rotazioni colturali. Le colture miglioratrici (Leguminose) sono la migliore “arma” preventiva contro il “caro concimi”.
In questo contesto sono proponibili alcune indicazioni operative per sfruttare al meglio l’efficacia/efficienza dei concimi azotati, così da poterne razionalizzarne l’uso e ridurne, possibilmente, le dosi.
Stabilita la dose, in base a semplici criteri di restituzione degli assorbimenti, è necessario tenere bene a mente le precessioni colturali in modo da conteggiare nel bilancio eventuali forniture da parte del suolo (sostanza organica, presenza di leguminose nella rotazione, velocità di mineralizzazione, pluviometria, ecc.). I bilanci di fertilizzazione, tanto auspicati in tutti i disciplinari di produzione, risultano largamente disattesi, anche se, da soli, potrebbero aiutare moltissimo a ridurre le dosi di fertilizzanti.
Nell’impostazione di un corretto piano di concimazione risulta importante conoscere il contenuto di azoto nel terreno/pianta per adattare gli apporti ai reali fabbisogni della coltura. Oggi questo è possibile con semplici mezzi diagnostici (es. misura nitrati succo linfatico, N-tester, SPAD, ecc.), facilmente reperibili sul mercato, oppure con sistemi più complessi legati all’agricoltura di precisione. In questo contesto è bene ricordare anche l’utilità delle “parcelle spia”, ottimo sistema per regolarsi con le dosi e i momenti di applicazione dei concimi.
Ciò risulta necessario poiché nel lungo ciclo colturale che caratterizza il grano, numerosi fattori condizionano la disponibilità di azoto per la coltura e rendono tutti i calcoli e le dosi semplici indicazioni di riferimento, con elevati limiti di incertezza e di errore:
1) I fabbisogni di azoto della coltura sono condizionati dalle condizioni di crescita (in particolare dal rifornimento idrico durante la levata).
2) Le forniture da parte del suolo possono variare secondo il clima: lisciviazione invernale, piogge, temperature, mineralizzazione.
3) L’efficacia dei concimi varia secondo la tipologia e la pluviometria nel periodo della concimazione.
4) I fabbisogni della coltura sono più importanti a partire dallo stadio “spiga 1 cm”.
5) La struttura del suolo e lo stato del sistema radicale condizionano l’efficacia dell’azoto disponibile.
Tutte le condizioni che non permettono un assorbimento rapido dell’azoto dopo gli apporti possono rendere l’elemento rapidamente indisponibile per la coltura:
• Volatilizzazione dell’ammonio come NH3 (siccità, vento, elevate temperature)
• Immobilizzazione nella sostanza organica del suolo
• Denitrificazione in condizioni di idromorfia
Appare evidente come la conoscenza di questi fattori possa utilmente migliorare l’efficacia dei concimi azotati per ridurne, di conseguenza, le dosi.
In un’ottica di gestione oculata delle dosi dei concimi azotati è necessario anche conoscere molto bene le forme dell’azoto per diminuire eventuali perdite. In genere, intorno a questo argomento, si aprono lunghi dibattiti che, spesso, creano solo tanti “miti” e poche “realtà”. In tutte quelle situazioni che generano perdite importanti di azoto (terreni calcarei, tempo secco e ventoso durante e dopo la distribuzione, ecc.) il nitrato ammonico apporta le migliori performance. L’urea presenta, mediamente, un’efficacia prossima all’ammonio nitrato nei casi di buone condizioni di valorizzazione dell’azoto, anche se si osservano cadute di rendimenti importanti imputabili a perdite per volatilizzazione (anche -40% di quello apportato). I concimi a base di urea con inibitori della nitrificazione permettono risultati equivalenti al nitrato ammonico e risultano ottimali in situazioni dove l’urea potrebbe avere perdite di efficacia. In questi casi, saper scegliere il prodotto giusto può permettere anche una riduzione delle dosi.
È bene anche ricordare che l’urea non è assolutamente da intendersi un concime a “lenta cessione” poiché a 20°C occorrono meno di 2 giorni per la completa trasformazione in ammonio, mentre ne servono 4 di giorni a 4°C (INRA-COFAZ). In generale, l’azoto apportato sotto forma di urea è idrolizzato in 3-8 giorni nelle condizioni meno favorevoli. Da non dimenticare, poi, che l’urea, come tale, ha una elevatissima solubilità. Questo significa che anche deboli piogge, prima della sua trasformazione in ammonio, possono produrre elevate perdite di azoto per lisciviazione.
A termine di questa breve “elencazione” di indicazioni sulla concimazione azotata del grano, sembra utile ricordare altri due concetti molto importanti. Il primo riguarda la pluviometria necessaria per valorizzare un apporto di concime azotato. Dopo aver distribuito un fertilizzante azotato sono sufficienti 15 mm di pioggia per rendere disponibile l'azoto alle radici ed evitare perdite per volatilizzazione. Un periodo di 15 giorni è sufficiente per consentire un corretto utilizzo del concime e per soddisfare nel tempo il fabbisogno delle piante. Appare evidente l’utilità della meteorologia nel “pilotare” la distribuzione del concime azotato. Il secondo concetto riguarda le soluzioni azotate fogliari che, secondo alcuni, potrebbero sostituire le concimazioni al terreno. Le sperimentazioni su numerosi formulati commerciali (ARVALIS- Institut du Vegetal, 2016) hanno definitivamente accertato che i concimi fogliari non hanno un’efficacia superiore al nitrato ammonico, alla stessa dose totale di azoto apportato. Meglio, di conseguenza, non “inseguire” falsi consigli che potrebbero aumentare il passivo del conto colturale.
Quanto sopra riportato vuole essere solo una discussione “obiettiva” su alcune questioni inerenti la fertilizzazione azotata del grano. Andrebbero altresì approfonditi argomenti relativi al confronto fra efficienza dei concimi chimici e organo/minerali, così come sarebbe importante considerare anche il possibile utilizzo di fertilizzanti organici azotati a breve-media mineralizzazione, il cui costo si mantiene ancora a livelli accettabili. Saranno i tecnici e gli agricoltori, ottimi conoscitori dei diversi ambienti pedoclimatici e colturali, a scegliere, volta per volta, epoche, dosi e prodotti tecnicamente più corretti ed economicamente più convenienti.