A seguito di una riunione che si è svolta al MiPAAF la settimana scorsa, un comunicato ha informato che “risulta ormai chiarito anche dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) come il coinvolgimento della fonte zootecnica nelle problematiche ambientali sia del tutto trascurabile o minimo, mentre assume un diverso peso il contributo di altre sorgenti, in particolare minerali”. Nel nostro Paese occorre ricercare fuori dall’agricoltura le cause del deterioramento della qualità delle acque, così come già l’accordo 2011 della conferenza Stato-Regioni aveva intuito avviando la realizzazione di nuovi studi sulla natura e l’origine del superamento dei valori soglia. Nel Consiglio europeo dei Ministri dell’Ambiente che si svolgerà a Creta nel prossimo mese di luglio, sarà necessario avviare la revisione del perimetro delle aree vulnerabili e rafforzare le misure di sostegno al settore zootecnico, che in Italia risulta organizzato con modalità sostenibili per la diffusione sul territorio e la complementarità con la produzione di alimenti tipici e di qualità. Rimuovendo le ingiuste accuse agli imprenditori zootecnici, si dovrebbe poi introdurre, già a partire dal decreto di revisione degli effluenti, alcune semplificazioni, con particolare riguardo ai periodi temporali di spandimento oltre che di valorizzazione del digestato proveniente dagli stessi reflui zootecnici. La Cia (Confederazione Italiana Agricoltori) ha dichiarato: “alla luce di quanto emerso dal tavolo di confronto tra Ministeri dell’Agricoltura e dell’Ambiente, Regioni e organizzazioni Agricole c’è bisogno di una nuova strategia sull’applicazione della Direttiva Nitrati, che permetta finalmente di raggiungere i necessari standard ambientali senza porre limiti ingiustificati alla competitività delle aziende agricole e zootecniche in particolare”.
Da Agrapress, 29/05/2014