Forse , anzi, sicuramente sbagliando, avevamo dato per scontato che ogni aspetto di differenziamento delle piante fosse sotto la complessa regolazione ormonale; l'idea di fondo era che ad un fattore ambientale, spesso esterno, seguisse un primo evento in cui le molecole ormonali giocavano il ruolo primario originando una "cascata" di segnali che conducevano alla manifestazione finale osservabile macroscopicamente. Così consolidata era questa idea che furono infatti una sorpresa, per molti fisiologi delle piante, le scoperte della ricercatrice americana Jen Sheen (in foto, insieme a una collega) che già 20 anni fa assegnava un ruolo di regolazione agli zuccheri. In altre parole fu dimostrato che certi zuccheri, certamente non inclusi tra le molecole ormonali ma tra quelle a significato metabolico, riuscivano a regolare l'espressione genica; si trattava quindi di un sottile effetto di regolazione e non di un normale metabolismo carboidratico che, come noto, avrebbe avuto comunque profondi effetti sulla crescita della pianta. Questa linea di ricerca impegnò molti laboratori nel mondo e si arrivò alla conclusione che in alcuni casi la percezione degli zuccheri rappresentava quell'evento primario che, attraverso una complessa trasduzione del segnale, conduceva alla modifica della espressione genica.
La ricerca in questo ambito è continuata in modo molto intenso sino ai nostri giorni, mettendo soprattutto in evidenza come la crescita e lo sviluppo della pianta siano così fortemente influenzati dalle condizioni ambientali e nutrizionali al punto che diviene difficile distinguere tra effetti puramente metabolici -semplice crescita senza modifiche- ed effetti che intervengono sul differenziamento -la pianta cambia sul piano morfologico e funzionale-. Pertanto è il "cross-talk", cioè il rapporto incrociato tra molecole di natura carboidratica e quelle di natura ormonale, che, all'interno della cellula, determina il "percorso" che quella cellula e quindi un intero tessuto e poi un organismo, dovrà intraprendere. Entro questo quadro concettuale abbiamo inserito, per anni, tutte le nostre conoscenze sulla vita delle piante, ma ci eravamo dimenticati che "non si può mai stare tranquilli". Infatti nell'ultimo numero di PNAS, la ricercatrice australiana Christine Beveridge, leader di un gruppo di ricerca comprendente scienziati di varia estrazione in Australia ma anche in USA, ha pubblicato i suoi risultati, titolando l'articolo in modo molto eloquente: "La richiesta di zuccheri, non di auxina, è il regolatore iniziale della dominanza apicale" (Mason et al., PNAS doi:10.1073/pnas.1322045111).
Credo che, per un momento, una intera generazione di "ormonologi", cui io appartengo, si sia sentita sconfitta; poi, come sempre, ci si riprende e si razionalizza il tutto: in definitiva, come detto in precedenza, anche agli zuccheri, già da tempo, si sono assegnati ruoli di regolazione. Però occorre pure ammettere che comunemente era accettato che l'auxina mediasse la dominanza apicale (e quindi la "forma" delle piante); tuttavia la Beveridge ha scoperto che la dominanza apicale correla fortemente con la disponibilità di zuccheri e non con la presenza di auxina nell'apice caulinare. Sarebbe proprio la forte richiesta di zuccheri, da parte di questo apice, a limitare la disponibilità di essi alle gemme ascellari, le quali, crescendo assai meno, conferirebbero ai germogli (ed infine, a molte piante) quell'aspetto "piramidale" che ha fatto chiamare il fenomeno "dominanza apicale". Il gruppo guidato dalla ricercatrice australiana ha usato varie tecniche sperimentali; tra di esse è particolarmente interessante lo studio dell'espressione del gene BRC1, noto per codificare per un fattore di trascrizione che porta alla inibizione della crescita delle gemme ascellari. La ricerca ha dimostrato che il saccarosio causa una riduzione dell'espressione del gene, generando la crescita delle gemme nelle fasi iniziali. Nei periodi successivi di sviluppo la loro crescita è determinata invece da più fattori ormonali. E' probabile che questa scoperta comporti una ulteriore rivalutazione della relazione tra ormoni e zuccheri in vari aspetti dello sviluppo della pianta.
Mi faccio una autocritica. Molti anni fa un fisiologo americano, Roy Sachs -amico di molti studiosi italiani soprattutto di arboricoltura-, scomparso quasi esattamente 2 anni fa, sosteneva con forza la tesi che ad avere un ruolo primario nell'induzione a fiore delle gemme, fossero gli zuccheri. Ero pervaso di teorie ormonali e non lo seguivo volentieri su questo piano, anzi ero veramente scettico. Mi sembrava tutto troppo semplice; ben altro fascino rappresentava la complessa rete di rapporti ormonali che tutti stavano studiando! Non mi rimane che rileggere Nicolas Gomez Davila "Pensare come i nostri contemporanei è la ricetta della prosperità e della stupidità".