Il mio “padre” accademico
Si è spento lo scorso 19 gennaio L’Accademico Emerito Prof. Piero Luigi Pisani Barbacciani. Il Prof. Pisani Barbacciani conseguì la laurea in scienze agrarie con il massimo dei voti e la lode e con l’assegnazione del “Premio Iginio Moretti” per il migliore laureato dell’anno accademico 1955-56. Fu poi Assistente volontario presso l’Istituto di Coltivazioni arboree dell’Università di Firenze e Borsista del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Dal 1961 svolse la propria attività come assistente di ruolo presso l’omonimo Istituto della Università di Bologna. Nel 1964 conseguì la Libera Docenza e, nello stesso anno, vinse il concorso per Professore di ruolo. Dal 1966 ottenne la cattedra di Coltivazioni Arboree dell’Università di Padova che diresse fino al 1979, anno in cui si trasferì presso il Dipartimento di Ortoflorofrutticoltura dell’Università di Firenze. Direttore della “Rivista dell’Ortoflorofrutticoltura italiana” dal 1984 al 1987 e della rivista “Advances in Horticultural Sciences” dal 1987 al 1999, ha diretto anche il “Notiziario di Ortoflorofrutticoltura”, il periodico “Olivicoltura-Elaiotecnica – Olio di Oliva” dell’Accademia Nazionale dell’Olivo, nonché gli “Atti dell’Accademia Italiana della vite e del vino”. È stato membro attivo di diverse Accademie e ha pubblicato oltre 220 lavori collaborando a enciclopedie, trattati scientifici, collane tecniche nonché a periodici culturali.
Tutti lo ricordano con profondo affetto, stima e gratitudine per l’impegno profuso in diversi atenei universitari ai quali ha dedicato tutto il suo impegno professionale e umano, senza mai risparmiarsi e, come diceva lui, “senza guardare l’orologio”.
Ha saputo trasmettere agli allievi dei diversi Atenei in cui ha prestato servizio la sua passione, la sua rigorosità e il senso del dovere verso la formazione degli studenti e la ricerca in Università. E a queste passioni totalizzanti ed esclusive ha dedicato tutto sé stesso, senza risparmiarsi, agendo sempre per il bene dell’Istituzione pubblica.
Il mio ricordo personale va al di là della mera elencazione di ciò che ha fatto nella sua vita accademica. Anche se non ci vedevamo più da tempo, ci sentivamo ogni tanto e apprezzavo le chiacchierate al telefono perché l’ho sempre considerato e sempre lo considererò il mio “padre” accademico e lo ricorderò sempre con profondo affetto, stima e gratitudine per quanto ha fatto per me, correggendo la mia scrittura acerba nei primi tempi, insegnandomi il rigore nella preparazione delle lezioni, il rispetto profondo per gli studenti e, soprattutto, per aver lasciato a me a tutti gli altri, tanti aneddoti utili per affrontare la docenza e la ricerca ma, soprattutto, per affrontare la vita. E di questo e di molto altro gli sarò sempre grato.
Un uomo non muore mai se c’è qualcuno che lo ricorda - Ugo Foscolo
Francesco Ferrini
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Piero Luigi Pisani Barbacciani: l’orto, i proverbi, i racconti
Chi si ferma si riposa. Per riposarsi bisogna essere stanchi.
Per stancarsi bisogna lavorare. Perciò ... andiamo a lavorare
Tra i ricordi che mi legano a Piero Luigi Pisani c’è una cosa che non posso dimenticare: il suo orto di Caprese Michelangelo. Quell’orto era lo specchio del suo artefice, dove la sapienza dello scienziato si fondeva con l’esperienza di un autentico uomo della campagna, tanto da non poter distinguere dove finiva l’una e iniziava l’altra. A prima vista sembrava un vero orto sperimentale, con la rigorosa classificazione di tutte le specie. Ma appena la coda dell’occhio cadeva su certi particolari, come le trappole per gli animali selvatici, d’un tratto l’orizzonte si apriva, trovandosi proiettati in un altro mondo, direi quasi in un’altra epoca. Credo fosse proprio questo senso della profondità del tempo della campagna che lo rendeva al tempo stesso uomo di scienza e singolare cultore di storia. Un’attitudine che Pisani ha coltivato negli anni e che vale ripercorrere, intrecciata com’è con la sua carriera scientifica e accademica che altri meglio di me potranno tratteggiare.
In occasione dell’inaugurazione dell’Anno Accademico dell’Università di Firenze del 1998-99, il suo ultimo anno di insegnamento prima della pensione, a Pisani fu assegnato il compito della prolusione accademica, che svolse trattando un profilo della vitivinicoltura – suo prevalente settore di ricerca – dalle origini fino ai più recenti sviluppi: La vite e l’uomo: storia, cultura, scienza. E sempre in tema di storia della vite, Pisani aveva curato in quegli stessi anni un’ampia introduzione sulla storia delle malattie della vite tra XVIII e XIX secolo attraverso gli studi dei Georgofili, pubblicato nel volume edito dall’Accademia Vitivinicoltura tra la fine del '700 e la crisi fillosserica (1997).
Piero Pisani è stato inoltre membro del Comitato scientifico della «Rivista di storia dell’agricoltura» per molti anni (dal 2007 al 2018). Insieme abbiamo curato il capitolo dedicato a Firenze in un volume monografico della Rivista (1996) sugli orti agrari, ideato e promosso da Enrico Baldini. Ma soprattutto abbiamo condiviso un comune interesse per quella manifestazione dei saperi e della cultura contadina rappresentata dai proverbi, pubblicando nel 2003 il volume Proverbi agrari toscani come “Quaderno della Rivista di storia dell’agricoltura”, un tema su cui siamo ritornati con brevi saggi in altri due volumi pubblicati dall’Accademia dei Georgofili su iniziativa di Franco Scaramuzzi: uno dedicato alla vite e al vino; l’altro all’olivo e all’olio. Sempre sulle pagine della Rivista Pisani ha poi pubblicato altri contributi: uno dedicato ancora alla storia delle malattie della vite dal titolo Il contributo di Adolfo Targioni Tozzetti agli studi e alle ricerche sull’oidio della vite (2006), l’altro, originalissimo, su Voci perdute. Vocaboli e locuzioni del passato negli allevamenti zootecnici dell’alta Valtiberina (2005).
Non ho mai chiesto a Pisani il perché di questa sua passione per la voce dei contadini, per le forme orali della cultura come i nomi delle cose, le novelle, il parlare per proverbi. In verità, il motivo è semplice: sarebbe stata una domanda inutile, dal momento che Piero stesso era la memoria di quelle voci e lui stesso parlava con i suoi modi di dire. Ne ricordo solo uno, che ripeteva spesso al termine di una pausa di lavoro: “Chi si ferma si riposa. Per riposarsi bisogna essere stanchi. Per stancarsi bisogna lavorare. Perciò ... andiamo a lavorare”.
Ma c’è un altro particolare che vorrei ricordare della poliedrica personalità di Pisani: il dono del raccontare storie. Dal 1999 al 2005 pubblicò infatti sulla rivista “I ‘Fochi’ della San Giovanni” una serie di racconti che attingevano alle sue memorie, pennellando di volta in volta tratti di vita delle campagne. Franco Scaramuzzi rimase sorpreso dalla scoperta di questo nuovo lato della personalità di Pisani, e ne promosse la raccolta, uscita in due volumi per l’editore Polistampa col titolo I racconti di Piero (I, 2002, II 2006). Scaramuzzi nell’introduzione ne descriveva la figura: «Lo conobbi studente. Intelligente, estroso, puntuale, volontà ferrea; quando c’era da lavorare trascurava ogni altra cosa, pur avendo interessi culturali ampi che non ha mai smesso di coltivare, magari dormendo poco». E al tempo stesso lasciava trasparire un profondo legame di amicizia: «Siamo diventati amici, dando un senso a questo termine, indissolubilmente legato alla reciproca stima».
Rileggendo oggi quei racconti, così pieni di vita, di profondità di sguardo, di ironia e talvolta di tristezza, ho ripensato al suo orto. Anche i suoi racconti, proprio come il suo orto, recano impresso il tratto delicato del loro autore. Ennesimo dono che rinnova la gratitudine per averlo avuto come accademico, scienziato di chiara fama, e autorevole amico.
Paolo Nanni