Siamo abituati a pensarla in orizzontale: che sia all'aperto o al chiuso delle serre, l'agricoltura è tradizionalmente e per lo più orizzontale. Eppure, già da qualche tempo, esiste un'alternativa verticale che fa parlare di sé. In realtà esistono più alternative di agricoltura verticale, riassume oggi un articolo su Nature Food dedicato al tema, ma il concetto di base si riferisce a quei metodi di coltivazione multi-livello, a più strati, che possono essere fatti al chiuso cercando di sfruttare lo spazio in verticale appunto, e in condizioni fisiche e nutritive controllate, spiegano gli autori. Ed è una definizione che già racchiude in sé tutte le potenzialità ma che forse nasconde i limiti dell'agricoltura verticale, vero tema centrale della review. In un mondo messo in crisi dal clima che cambia e dalla popolazione che cresce, ci si chiede, che spazio c'è per l'agricoltura verticale? Come dovrebbe essere per rappresentare davvero un aiuto?
Prima di tutto, scrivono i ricercatori, intendiamoci bene su agricoltura verticale. Di modelli verticali ne esistono diversi, così come di alloggi: container, magazzini, semplici edifici, che in genere occupano poco spazio (inteso come area), non fanno utilizzo di radiazione solare diretta (ma potrebbero in alcuni casi), e prevedono la coltivazione prodotti freschi su più livelli. E con modalità diverse, tanto con sistemi idroponici (senza terreno, al più con matrici inerti, con nutrienti somministrati in soluzioni liquide), che aeroponici (con radici libere, all'aria, che vengono spruzzate con soluzioni ricche di nutrienti), e variazioni sul tema.
Questo tipo di agricoltura, scrivono Sander van Delden della Wageningen University e colleghi, esperti del tema, ha indubbiamente diversi vantaggi. Alcuni più intuitivi di altri.
Punto primo: l'agricoltura verticale può sfruttare edifici e strutture diverse (potenzialmente anche da riqualificare) a livello urbano, favorendo la produzione e il consumo di cibi locali. Secondo: come sistema chiuso permette di poter controllare in maniera molto mirata valori di umidità, radiazione (per lo più artificiale), temperatura, anidride carbonica, e di poter in questo modo – scrivono gli esperti – consentire un maggior controllo anche sulla produttività e qualità dei prodotti (più prevedibile e gestibile). La possibilità di poter controllare tutti questi parametri in maniera anche automatica significa anche poter contare su sistemi robotici e autoregolanti, grazie all'aiuto di sensori e sistemi di intelligenza artificiale, così da ridurre la forza lavoro impiegata.
Inoltre l'agricoltura verticale consente la produzione di colture ad alta densità, senza sfruttamento di suolo e a ridotto utilizzo di pesticidi e di acqua. Alcuni di questi vantaggi valgono anche per alcune serre hi-tech, continuano gli autori, ma solo in parte. L'agricoltura verticale, spiega Van Delden, “è una soluzione per la produzione locale di alta qualità di frutta e verdura fresche, vicino alle aree urbane. Può essere fatta ovunque, a prescindere dal clima e tipo di suolo”. Ma non è tutto oro quel che luccica e se sulla carta l'agricoltura verticale presenta diversi vantaggi, nella pratica c'è più di un ma e diversi sono gli interrogativi aperti.
I punti critici riguardano diversi aspetti. In primis: non tutto può essere prodotto in questo modo. Anzi: al momento le produzioni sono piuttosto limitate e per lo più in fase di ricerca. Ma realisticamente potrebbero crescere sugli scaffali prodotti freschi, come alcuni frutti e ortaggi, mentre più difficile è senza dubbio pensare di coltivare così i cereali, ammette Leo Marcelis, tra gli esperti che firmano il paper, che non nasconde il vero problema dell'agricoltura verticale: consumi elettrici e investimenti, anche difficili da stimare, vista la scarsa letteratura in materia, notano gli autori che si limitano a tracciare possibili strategie di intervento. Puntare su fonti di energie rinnovabili, led sempre più efficienti, ma soprattutto ottimizzare l'utilizzo della luce.
Come? Per esempio mirando a ridurre il più possibile le perdite di luce, aumentando quella intercettata dalle colture, tanto con accorgimenti sul posizionamento e sui riflessi delle fonti luminose, che sull'architettura delle piante stesse, scrivono gli autori. Anche la disposizione delle foglie infatti conta, e può essere regolata grazie alla ricerca, sia a livello di sviluppo di nuove varietà che di tecniche di coltura.
da Repubblica.it, 15/12/2021