«Il principale problema italiano è l'enorme debito pubblico continuamente cresciuto in questo mezzo secolo. Ripercorrere la sua storia permette di superare luoghi comuni e meglio individuare cause ed effetti.
Alla fine degli anni Ottanta il debito pubblico italiano era di circa 590 miliardi di euro (per semplicità di confronto ho trasformato tutti i dati in euro). Alla fine degli anni Novanta era più del doppio, circa 1.280 miliardi di euro. Alla fine del primo decennio degli anni Duemila ha raggiunto i 1.770 miliardi di euro. Ora il debito pubblico italiano ha "sfondato" quota "duemila" ed ha raggiunto circa i 2.070 miliardi sempre di euro.
Negli anni Ottanta (in presenza della lira) il tasso di sconto (e conseguentemente il costo del denaro) era molto alto: nel 1980 del 16,5%, nel 1981 addirittura del 19%, nell'82 del 18% e così via riducendosi sensibilmente fino al 13,5% del 1989, rimanendo, però, per tutto il decennio ben sopra il 10%.
Gli anni Novanta, sempre con la lira, si sono aperti con il tasso di sconto al 12,5%, per salire progressivamente al 15% nel 1992 e rimanere sopra al 10% fino all'estate 1993 quando il governo Ciampi iniziò ad assumere la moneta unica europea come obiettivo strategico. Il tasso di sconto sostanzialmente calava man mano ci si avvicinava alla piena realizzazione del Mercato unico europeo e della moneta unica, raggiungendo, a fine anni Novanta, addirittura soltanto il 3%.
Gli anni Duemila (quelli dell'euro) hanno visto un tasso di sconto, attestato ai livelli storicamente minimi: attorno al 4% nel 2001 e poi circa al solo 2% dal 2002 al 2006, risalito attorno al 4% nel 2007-8, prima della grande crisi, e dal 2008 sceso progressivamente fino allo 0,25 attuale, dal novembre 2013. Quindi, il debito pubblico italiano, sempre in crescita, è stato progressivamente meno negli anni dell'euro, rispetto a quelli della lira, avvantaggiandosi della maggiore solidità e credibilità internazionale della moneta comune. Negli ultimi tre anni circa, in presenza di bassissimi tassi, il costo del denaro in Italia era risalito (poi parzialmente ridotto) a causa dello spread che ha aggravato il costo dei titoli di Stato italiani per il "rischio Italia".
La principale "palla al piede" dell'Italia è il sempre crescente debito pubblico che è la causa della sempre più alta tassazione sulle produzioni e sui redditi italiani. L'altra "palla al piede" che grava sull'Italia, e in particolare sugli onesti, è la drammatica ed enorme evasione fiscale.
Se l'euro venisse abbandonato per tornare alla lira e ai suoi alti tassi, il costo del debito pubblico italiano esploderebbe con conseguenze gravissime e salirebbe anche drammaticamente il costo del denaro per le imprese e per le famiglie con mutui o comunque con debiti a tassi variabili.
Perciò occorre operare con coraggio e convinzione innanzitutto per la riduzione progressiva del debito pubblico, mai dimenticandosi come e quando esso è stato gravemente accumulato.»
Testo tratto da un chiaro e documentato articolo dell'illustre Georgofilo Antonio Patuelli (Presidente ABI) pubblicato da QN (Il Giorno, La Nazione e Il Resto del Carlino) di ieri.
Su questo importante tema di attuale e diffuso interesse è già programmata una Lettura del prof. Dario Casati (Presidente della Sezione Nord-Ovest dell'Accademia dei Georgofili), intitolata “L’euro e le problematiche agricole”, che si terrà il 5 maggio p.v. alle ore 16 presso la Sede di Firenze.