“Dico che la città di Pistoia deesi annoverare tra le più nobili, cospicue, illustri, abbondanti, amene, ed antiche di tutta Italia … e dee considerarsi per la più previlegiata, e distinta (eccetto la Metropoli di Firenze) di tutte le altre città sottoposte al Gran Ducato di Toscana”.
Così il capitano Domenico Cini di S. Marcello, vedeva Pistoia nei primi decenni del ‘700, ricca di storia e di arte, opulenta nelle sue produzioni agricole, dal grano della pianura, al vino delle colline, al latte prodotto dai pascoli sugli Appennini.
“Pistoja è certamente una città ragguardevole di Toscana circondata da un amenissimo Territorio … Ella risiede nella parte più vaga, e più dilettevole di una spaziosa Campagna, in quel luogo appunto, ove incominciano ad innalzarsi gl’Appennini, da i quali è diviso il bel Paese d’Italia, che il Mare e le Alpi meravigliosamente circondano”, questo scriveva Antonio Matani nel 1752 esaltando l’ottimo clima della città e la salubrità dell’aria la quale a suo dire era causa della genialità di tanti cittadini.
Per Antonio Ferrini, storico e geografo, oltre ottanti anni dopo, Pistoia e il suo territorio continuavano a mantenere questa importante centralità nel contesto dell’intero Granducato, grazie a tutta una articolata viabilità, costituita da strade regie postali, vie provinciali e “comunicative” che la collegavano con Firenze, Lucca, Prato, Pescia, Fucecchio. Con Modena infine, superando gli Appennini.
All’avvento delle “strade ferrate”, Pistoia, in virtù dell’intensa attività manifatturiera e industriale presente sul suo territorio, veniva identificata da alcuni come punto primario per lo sviluppo della viabilità su rotaie, sia all’interno della Toscana, sia come nodo di congiunzione con il nord Italia e l’Adriatico.
La mostra organizzata ai Georgofili, nel contesto di un progetto che di volta in volta si occuperà di mettere in risalto peculiarità di singole parti di territorio toscano, presenta questo ed altro. Un percorso storico che pone attenzione alla descrizione della città e del territorio, alle sue attività produttive, a uomini di questa terra che l’hanno valorizzata ed esaltata con la loro generosità e il loro ingegno di studiosi e di imprenditori.
Illustrazione tratta da: A. Matani, 1762, tav. IV a (R80a)