Il meccanismo che governa l’entrata e l’uscita dalla dormienza è estremamente tarato e raffinato, e incentrato principalmente su temperatura e fotoperiodo. La temperatura è una delle variabili ambientali più efficienti nel segnalare alle piante il momento di iniziare l’attività fisiologica, mentre il fotoperiodo, forse mediante un effetto combinato con la temperatura, determina il momento della cessazione dell’attività. È stato ipotizzato che il cambiamento climatico possa disturbare questo fine meccanismo che le piante hanno elaborato per sfuggire al gelo invernale, poiché molte di esse potrebbero non essere in grado di accumulare le ore di freddo necessarie per un’efficace ripresa vegetativa in primavera che, quindi, potrebbe risultare ritardata, oppure, all’opposto, riprendere la crescita troppo precocemente, aumentando così il rischio di subire danni a causa di gelate primaverili. Ricerche condotte in Inghilterra hanno evidenziato che il precoce germogliamento e il ritardo della caduta delle foglie o, comunque del riposo invernale, hanno allungato la stagione di crescita di circa 11-14 giorni (in media con punte di 20) dal 1960.
Tuttavia, sebbene le temperature elevate possano ritardare la senescenza autunnale, il loro aumento non è sempre un indizio affidabile per stabilire l’inizio della sequenza che porta alla dormienza; le temperature di fine estate e inizio autunno non sono necessariamente correlate con i primi geli poiché, come suddetto, in molte specie la lunghezza del giorno viene utilizzata come segnale di inizio di cessazione della crescita, il primo passo verso il raggiungimento della dormienza invernale.
In uno scenario di riscaldamento globale questa dipendenza dalla durata del giorno ha implicazioni per le piante: mentre le temperature potrebbero aumentare nel tempo, la lunghezza del giorno rimarrà invariata, limitando la capacità delle specie arboree controllate dal fotoperiodo di estendere la loro stagione di crescita. Nonostante le ricerche condotte su alcune specie arboree, non è, quindi, del tutto chiaro se il riscaldamento globale farà ritardare o accelerare la cessazione della crescita; queste indicazioni ci dicono, comunque, che l'equilibrio tra le variazioni termiche di giorno e di notte possono essere critico per prevedere i cambiamenti nella fenologia degli alberi.
Infatti, le temperature notturne sembrano avere un maggiore impatto sulla cessazione della crescita e sul completamento del ciclo di accrescimento e differenziazione delle gemme rispetto alle temperature diurne e, dal momento che gli aumenti delle temperature notturne dovrebbero, secondo i modelli previsionali, essere superiori rispetto a quelle diurne, il riscaldamento del clima potrebbe alterare questi processi più rapidamente, influenzando il grado di dormienza. Una dormienza più profonda e una maggiore richiesta di unità di freddo potrebbero essere utili in un clima più caldo, dove gli inverni miti potrebbero, altrimenti, promuovere un precoce germogliamento, aumentando quindi il rischio determinato da gelate primaverili.
Quando suddetto, comunque, evidenzia come l’entità dello slittamento di queste date vari a seconda delle specie: per alcune specie la stagione vegetativa potrebbe accorciarsi rispetto ad altre, per le quali potrebbe, invece, allungarsi. Le specifiche risposte fenologiche delle diverse specie arboree ai cambiamenti di temperatura potrebbero, perciò, portare nel lungo periodo a cambiamenti nella loro distribuzione geografica.
Come si evince da questo breve scritto, che ha tentato di riassumere, forse in modo troppo sommario, i risultati delle più recente ricerche, il grado in cui il riscaldamento influenzerà i tempi e la profondità di dormienza invernale negli alberi non è ancora chiaro, e potrebbe variare tra le specie ed ecotipi. Per fare previsioni su come i cambiamenti di temperatura influenzeranno le risposte fenologiche autunnali e come questo poi impatterà la fenologia primaverile saranno necessarie analisi approfondite e ricerche pluriennali su questi processi e sulle loro interazioni, piuttosto che studiare la fenologia primaverile e autunnale separatamente.
(Foto: magnolia in Piazza Beccaria a Firenze, fiorita quest’anno con un mese di anticipo rispetto agli anni precedenti)