Prima di iniziare a leggere, vi prego, fidatevi, e prendete nota dell’ora. La carenza di vitamina A è la principale causa di morte a livello globale, superiore anche all’AIDS, con circa 2 milioni di vittime ogni anno, vale a dire circa 6000 al giorno o, se preferite, 4 al minuto. Quando sarete arrivati al fondo dell’articolo saranno morte una decina di persone e più di un paio avranno perso la vista. Una buona parte delle vittime sono donne e bambini, specialmente tra i poveri del sudest asiatico e dell’Africa, cioè tra coloro che hanno diete poco ricche e che si basano principalmente su un solo alimento, ad esempio il riso, carente di vitamina A o di carotenoidi, composti come il beta carotene (quello che conferisce il colore tipico alle carote) e simili, che possono essere convertiti in vitamina A una volta introdotti nel corpo.
Il prof. Ingo Potrykus, insieme a Peter Beyer, nel 1999 è riuscito ad ottenere per via biotecnologica una varietà di riso che accumulava piccole quantità di beta carotene. Nonostante il basso contenuto, il consumo di normali quantità di riso sarebbe stato comunque sufficiente per alleviare i problemi connessi alla carenza. Non si chiede infatti al Golden rice di essere l’unica sorgente di vitamina A, ma di apportare un’aggiunta significativa a quanto già assunto nella dieta. E siccome sono proprio i poveri che si cibano principalmente di riso a soffrire della carenza, questo è un modo efficace per raggiungere proprio chi ne ha più bisogno e in modo capillare, senza mettere in piedi complicati sistemi di distribuzione ma semplicemente rilasciando varietà di riso che contengano il carattere “golden”, cioè un pallido color oro.
Purtroppo tale riso, dopo 15 anni, non è ancora arrivato nelle mani degli agricoltori a motivo della normativa internazionale iperprecauzionale e insensata, con il contributo sostanziale di numerose organizzazioni ambientaliste, prime fra tutte Greenpeace, secondo cui il Golden rice comporterebbe pericoli dal punto di vista ambientale o sanitario, ma questa affermazione, oltre a ignorare che il consenso tra gli scienziati del settore dica il contrario, tradisce una grande ignoranza dell’agricoltura, della sua storia e i suoi scopi. Anche i “rischi” economici e di sicurezza alimentare paventati non sembrano rilevanti: basti dire che il Golden rice è stato sviluppato dalla ricerca pubblica e che le industrie che potevano vantare dei brevetti su alcune parti dello sviluppo di questa varietà li hanno ceduti in brevissimo tempo per ragioni umanitarie e senza fare problemi.
Proprio in favore del Golden rice, Patrick Moore ha lanciato la campagna
“Allow Golden rice now!” (si veda il sito dedicato
www.allowgoldenricenow.org) insieme al fratello, con il supporto di diversi scienziati. Pochi sanno che Patrick Moore è stato uno dei fondatori di Greenpeace, avendo partecipato alle prime ed eclatanti azioni per bloccare gli esperimenti nucleari francesi e ad altre azioni simili. Dopo diversi anni, Patrick, che possiede un dottorato in ecologia, si rese conto della deriva antiscientifica del movimento e ne uscì per disaccordo sulle scelte di fondo e sull’attitudine pervasiva a rifiutare sempre e comunque l’innovazione e le proposte di soluzione ai numerosi problemi posti dalla modernità.
Lo scorso 27 gennaio 2014 si è tenuto all’Università La Sapienza di Roma un incontro pubblico dove hanno parlato Moore e degli scienziati. Scopo dell’incontro e della campagna in generale è stato far prendere coscienza dei dati del flagello causato dalla carenza da vitamina A e per chiedere che Greenpeace e gli altri movimenti che si oppongono al Golden rice ripensino profondamente le loro scelte e le loro politiche. Le loro scelte contribuiscono ad allontanare il giorno in cui il Golden rice sarà distribuito e potrà avere i suoi effetti, mentre ogni giorno la gente muore e i bambini perdono la vista.
Chi si prenderà la responsabilità di quelle morti? Se proponessero e attuassero metodi alternativi per combattere il flagello, sarei restio a criticarli. Chiunque combatte e si spende per un positivo, specialmente se si prende cura di poveri e sofferenti, merita rispetto, stima e aiuto. Chi si oppone a strategie il cui scopo è lenire le sofferenze altrui, si assume una grave responsabilità, tanto più grande quando le sue motivazioni sono inconsistenti. Ogni giorno che passa è un giorno di troppo. Adesso ricontrollate l’ora e fatevi due calcoli.