Andrea Segrè, fondatore della campagna Spreco Zero, georgofilo e ordinario all’Università di Bologna, ha presentato la proposta di Recovery Food elaborata per potenziare le azioni in essere in tema di sviluppo sostenibile, prevenzione e riduzione degli sprechi alimentari in Italia e nel mondo.
“In Italia si contano almeno 2,7 milioni di persone che chiedono aiuto per il cibo, con un dato in costante crescita. Intanto nel 2020 abbiamo gettato nella spazzatura 27 kg di cibo a testa, per un costo complessivo che sfiora i 10 miliardi di euro, incluse le perdite in campo e gli sprechi di filiera. Il Recovery food – ha spiegato ancora Segrè – raccoglie la sfida dell’approvvigionamento alimentare e dell’accessibilità economica degli alimenti, parte integrante della “Farm to Fork Strategy” europea. E’ urgente agire per modificare i modelli di produzione e consumo per promuovere sia il diritto di accesso al cibo salutare, che gli obiettivi della sostenibilità alimentare. Per questo dobbiamo puntare sulla prevenzione degli sprechi, che tra l’altro comporta risparmi per imprese e consumatori, e sul recupero e la ridistribuzione delle eccedenze alimentari che altrimenti andrebbero sprecate. L’auspicio è che il Recovery Food trovi spazio nel PNRR come un capitolo speciale del Recovery Fund, dove i temi legati al cibo e alla prevenzione degli sprechi dovrebbero essere trattati con attenzione specifica. A cominciare dalla istituzione dell’obbligo di donazione del cibo invenduto. Non solo per aumentare la sostenibilità del sistema, ma anche per vincere la povertà alimentare in forte crescita”.
“Nel recovery Food – ha concluso Segrè – includeremo una previsione organica delle risorse destinate alla formazione dei cittadini in tema di educazione alimentare e ambientale. A partire dalle scuole, quindi con risorse destinate a docenti sul campo sin dal primo ciclo della Scuola Primaria, e con una rete capillare e nazionale collegata ai Comuni per iniziative concrete, destinate alla sensibilizzazione dei cittadini intorno al binomio cibo e salute, per l’uomo e per l’ambiente. Tuttavia ci si dovrà concentrare anche sulla filiera dello spreco: serviranno quindi accordi di filiera ben strutturati che mettano in rete potenziali donatori di eccedenze e beneficiari con obiettivi e procedure ben definite e cogenti; l’attivazione di un sistema logistico e di conservazione sicuro, sostenibile e solidale; il coordinamento nazionale e sinergie fra i tanti portatori di interesse da coinvolgere: Ministeri (Salute, Welfare, Agricoltura, Ambiente, Sviluppo economico), Città metropolitane e Comuni, la miriade di associazioni ed enti caritativi, le imprese della filiera agroalimentare: dalle aziende agricole alla ristorazione passando per l’industria e la distribuzione”.
da: Corriere Ortofrutticolo, 3/9/2021