L’eliminazione delle gabbie negli allevamenti è sempre più vicina, almeno come principio vincolante. Dopo il sì del Parlamento Europeo, che a inizio giugno ha approvato a grande maggioranza una risoluzione che impegnava la Ue a cambiare la legislazione in materia, è ora la stessa Commissione a prendersi in carico l’iniziativa. La commissaria alla Salute, Stella Kyriakides, ha confermato che l’organismo presieduto da Ursula von der Leyen presenterà entro il 2023 una proposta per l’eliminazione graduale delle gabbie di allevamento per conigli, galline e altri animali che un tempo si sarebbero definiti da cortile — ma che in realtà oggi sono, appunto, animali da gabbia —, oltre che per maiali e vitelli.
Le tempistiche sono quelle lunghe che contraddistinguono molti dei processi decisionali in sede europea, ma si tratta comunque di un risultato importante perché il tutto nasce da un’Iniziativa dei cittadini europei, una sorta di legge di iniziativa popolare che ha raccolto in tutto il territorio comunitario circa 1 milione e mezzo di firme, con un movimento di pressione che ha visto in campo il comitato «End the cage age», un fronte di 170 tra associazioni ambientaliste, animaliste e di tutela dei diritti, di cui 21 italiane.
La legge sarà dunque elaborata dall’alto, con le procedure abituali della Ue che prevedono il cosiddetto «trilogo», ovvero il lavoro in parallelo della Commissione, del Parlamento e del Consiglio europeo. Ma la spinta che determinerà quel risultato arriva dal basso e contiene già una serie di indicazioni che difficilmente non potranno essere tenute in considerazione. E non solo per i numeri della raccolta firme (in assoluto si tratta della terza iniziativa di maggiore successo tra le 75 sin qui portate avanti su vari tematiche) o per la maggioranza «bulgara» che ha dato il via alla risoluzione. Nei mesi scorsi c’erano infatti state anche le prese di posizione di un gruppo di 140 scienziati guidati da Jane Goodall e di un gruppo di grandi aziende del settore alimentare o della ristorazione (o che comunque svolgono anche attività di somministrazione) che avevano appoggiato pubblicamente l’operazione «End the cage age». Un movimento dunque trasversale e di alto profilo. La commissaria Kyriakides, coinvolta fin dall’inizio dal comitato promotore, ha fatto sapere che l’obiettivo è quello di un’entrata in vigore del divieto nel 2027.
Per arrivare al traguardo sono necessarie alcune tappe di avvicinamento. È infatti necessario superare le resistenze degli allevatori che oggi utilizzano metodi intensivi che garantiscono maggiore produzione ma sono lontani dagli standard di benessere animale che la Ue vuole adottare. Per questo motivo gli agricoltori saranno sostenuti in questa transizione anche con misure economiche di accompagnamento, azione peraltro richiesta anche dai gruppi animalisti. L’obiettivo è una transizione che preveda «l’uso di sistemi ecologici senza mettere in pericolo la sopravvivenza delle aziende».
Non sarà semplice, ma la forte volontà politica di andare in questa direzione, che si affianca ad altre politiche europee come la strategia Farm to fork che prevede programmi e incentivi per la riduzione di passaggi tra la produzione e il consumatore finale e un ricorso sempre maggiore a politiche agricole più sostenibili, lascia pensare che questa possa essere la volta buona. Negli ultimi anni, del resto, la Commissione aveva già iniziato motu proprio a ragionare su una revisione delle leggi sulle gabbie, commissionando all’Efsa, l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare, degli studi scientifici per individuare le criticità degli attuali sistemi di allevamento e per avere indicazioni e suggerimenti su possibili interventi legislativi. Sono stati effettuati studi sugli allevamenti di conigli, di galline ovaiole, di suini e di bovini. Si attendono anche valutazioni sul trasporto degli animali vivi, un’altra nota dolente della filiera degli allevamenti per le condizioni precarie in cui i capi vengono trasportati verso i macelli.
da Corriere.it, 30/6/2021