Quando il sole “scotta” le piante: la fotoossidazione

di Silverio Pachioli
  • 23 June 2021

A livello fogliare la fotosintesi netta aumenta in modo lineare con l’intensità luminosa (PPFD= Photosynthetic Photon Flux Density) fino al raggiungimento di uno stato stazionario denominato punto di saturazione. Questa soglia luminosa, oltre la quale la fotosintesi netta non mostra incrementi, è variabile con la specie, l’ambiente, lo stato idrico e nutrizionale delle foglie, ecc.
Mentre nel pesco il punto di saturazione luminosa è di circa 700-900 micromoli di fotoni m-2s-1 , per la vite il limite si attesta intorno a 750-1.000 micromoli di fotoni m-2s-1 .
È da considerare, però, che nel bacino del Mediterraneo si registrano spesso livelli di PPFD ben al di sopra dei valori saturanti (facilmente si riscontrano valori di 2.000 micromoli m-2s-1) e, in tali condizioni, le piante, non potendo evitare l’assorbimento di questo surplus energetico, possono andar incontro a fenomeni di fotoinibizione che, sommandosi ad altri stress (idrico, nutrizionale, termico, ecc.), potrebbe avere gravi ripercussioni sulla capacità fotosintetica e, quindi, sulla produttività, sull’accumulo di sostanze di riserva e sulla composizione delle uve.
Livelli luminosi elevati comportano inoltre un innalzamento della temperatura e l’abbassamento dell’umidità relativa; ciò può risultare favorevole in quanto aumenta la traspirazione dei frutti e, quindi, anche la loro crescita; tuttavia, negli ambienti meridionali d’Italia e nel bacino del Mediterraneo, caratterizzati spesso da un alto deficit di vapore tra foglia e atmosfera e bassa disponibilità idrica, l’elevato tasso di evapotraspirazione ambientale può non essere compensato da un adeguato flusso idrico vascolare, con la conseguente chiusura degli stomi e diminuzione dell’attività fotosintetica.
Questa condizione, che può verificarsi durante la giornata e nel corso della stagione vegetativa, porta ad eccessi energetici a livello fogliare con incremento della temperatura fogliare al di sopra di quella ottimale di funzionamento dei sistemi e alla riduzione di fotosintati verso i frutti.
Per meglio comprendere come le foglie possano essere sottoposte ad un “sovraccarico” di energia luminosa si parla di “pressione fotonica” sui due fotosistemi (PS-II; PS-I) della fase luminosa della fotosintesi.
I cloroplasti sono particolarmente sensibili allo stress luminoso, specialmente il fotosistema II che catalizza la reazione di fotolisi dell’acqua durante la conversione fotosintetica da energia luminosa ad energia chimica.
In condizioni normali l’energia è trasferita ad una molecola di clorofilla del “centro di reazione” che innesca le reazioni fotochimiche della fotosintesi. Se la luce incidente è molto elevata, ossia la pressione fotonica supera la capacità di dissipazione dell’energia attraverso il metabolismo del carbonio, l’apparato fotosintetico viene a trovarsi in uno stato di fotoinibizione causato da un eccesso di elettroni eccitati nel PS-II rispetto a quelli che in teoria possono essere utilizzati nella catena di trasporto elettronica che si trova nel cloroplasto.
La spiegazione è semplicemente stechiometrica: in condizioni non stressanti, l’eccitazione di una molecola di clorofilla da parte di un fotone determina il trasporto di energia lungo tutto il complesso antenna del fotosistema II fino alla clorofilla P680; quest’ultima si eccita e cede un elettrone all’accettore successivo, la feofitina.
A questo punto si innesca il trasporto di elettroni necessario per la riduzione del NADP+ a NADPH (potere riducente per la fase oscura) e per la sintesi di ATP da ADP e Pi.
In situazioni di eccesso di luminosità, ovvero quando il trasporto energetico ed elettronico nel fotosistema è più lento rispetto alla “pressione fotonica” in entrata (cioè non viene restituito il NADP+, perché le reazioni chimiche di consumo del NADPH sono più lente del suo accumulo), tutte le clorofille (incluso la P680) si trovano in condizioni di “singoletto eccitato” in quanto nessuna molecola è disponibile per accettare altra energia (l’eccesso di elettroni della catena di trasporto degli elettroni è dissipato mediante il trasferimento di elettroni dal PS-I all’ossigeno piuttosto che al NADP+.).
L’eccesso di elettroni in stato eccitato può dare origine nel cloroplasto a “Specie Reattive dell’Ossigeno” (ROS) potenzialmente capaci di danneggiare i tessuti del cloroplasto (fotodanno) e di ridurre l’attività fotosintetica.
I danni derivanti dalla formazione dei ROS nei fotosistemi sono diversi e dipendono dal loro sito di formazione.
Nel fotosistema II si può avere l’ossidazione dei pigmenti antenna e delle proteine tilacoidali, oltre che la distruzione delle proteine del centro di reazione, in particolare della proteina D1. Si riscontrano inoltre danni a livello dei lipidi, fino alla completa inattivazione del centro di reazione.
Nel fotosistema I l’eccesso di ROS causa la distruzione dei centri ferro-zolfo, l’inattivazione e la distruzione di diversi enzimi, il danneggiamento della stessa Rubisco, target preferenziale quest’ultima dei prodotti di interazione fra ROS e ferro libero derivante dalle proteine danneggiate.
È da notare che i danni a livello del fotosistema I sono più evidenti in condizioni di bassa temperatura, quando l’attività enzimatica è ridotta, con conseguente trasporto energetico ed elettronico rallentato; l’energia radiante in “entrata”, seppur di bassa intensità, risulta essere sempre eccedente rispetto alle capacità di utilizzo della pianta.
La conseguenza diretta di queste complesse reazioni è un decremento dell’attività carbossilasica con la compromissione dell’intero sistema fotosintetico.
Inizialmente i sintomi interessano le foglie basali, per continuare, poi, nei casi estremi, con quelle del tratto mediano e apicale; inoltre, all’inizio, sono in genere reversibili, ma, successivamente, possono evidenziarsi seri fenomeni di fotodanneggiamento, quali ingiallimenti (causati dal disassemblaggio delle antenne fotosintetiche associate al PS-II presenti nei cloroplasti) e necrosi (causate dalla denaturazione della proteina D1).
Diversi fattori possono innescare lo stress fotoossidativo. Oltre l’eccesso di luminosità, non compensata da un’adeguata capacità di trasporto fotonico, anche stress idrici e salini, carenze nutrizionali, condizioni fisiologiche particolari (ambiente di crescita, carico produttivo, portinnesti, ecc.) possono determinare diversi tassi di utilizzo dell’energia radiante con conseguenti ripercussioni su fotoinibizione e relativi meccanismi di adattamento.
Condizioni di elevate temperature e stress idrico comportano la chiusura degli stomi, che evita perdite di acqua, ma determina anche un minor ingresso di CO2; si riduce così l’attività fotosintetica della Rubisco e si rallenta di conseguenza uno dei meccanismi di trasporto elettronico capace di controbilanciare la “pressione fotonica” in ingresso.
Carenze nutrizionali (azoto, ferro ed altri elementi essenziali nella sintesi delle clorofille e della Rubisco) potrebbero causare il rallentamento del trasporto elettronico (processi di carbossilazione e fotorespirazione) con conseguente “congestione” del sistema.
Anche diversi carichi produttivi possono influenzare il regolare utilizzo dell’energia radiante in ingresso.
I frutti rappresentano il principale sito di accumulo (“sink”) dei prodotti della carbossilazione. Eventuali decurtazioni produttive (per cause patologiche e/o fisiologiche, oppure per interventi di regolazione quantitativa del prodotto) fanno diminuire il tasso di carbossilazione netta (teoria dell’inibizione del prodotto finale); l’eccesso di energia non utilizzato dalla fotosintesi può innescare lo stress fotoossidativo ed i relativi meccanismi di fotoprotezione.
A livello fogliare, la fotoinibizione è rilevabile sia mediante tecniche biochimiche, che permettono di determinare l’attività enzimatica e la concentrazione di molecole implicate nei meccanismi fotoprotettivi e fotoossidativi, sia con l’analisi della fluorescenza della clorofilla.


Tab. Punti di saturazione luminosa per alcune colture arboree

Specie                                Punto di saturazione (micromoli di  fotoni m-2s-1)
Mirtillo                                                           600
Pesco                                                         >800
Ciliegio acido                                      400-700
Actinidia                                                  >800
Albicocco                                                  700
Mandorlo                                                >800
Susino                                                         700
Ciliegio dolce                                      400-700
Melo                                                       >800
Olivo                                                     500-800
Vite                                                               >800