Quando nel 2002, l’Università degli Studi di Catania ha organizzato il XIX Congresso Nazionale Italiano di Entomologia, quale insetto da raffigurare in uno dei gaget, è stato scelto il Lepidottero Anthocharis damone. poiché il Ropalocero, della famiglia dei Pieridi, è chiamato Aurora dell’Etna, per la colorazione delle ali anteriori dei maschi che ricorda l’aurora la cui luce, dorata, e talvolta rosea o purpurea, appare nel cielo poco prima del sorgere del Sole. Il nome scientifico del genere deriva dal latino "anthos" = fiore e dal greco "caris" = grazia, cioè aggraziato come un fiore; mentre il nome specifico si riferisce a Damone, un musico greco.
L’apertura alare degli adulti va da 3,6 a 4,2 cm circa. Nei maschi la pagina superiore delle ali anteriori è di colore giallo carico con macchie apicali arancioni delimitate da sfumature più scure alla base e all’apice. La pagina inferiore è interamente gialla. La parte superiore delle ali posteriori presenta una serie di macchie verdi su sfondo giallo. Le ali delle femmine presentano le pagine superiori di colore bianco, con la macchia apicale e la disco-cellulare nere; la pagina inferiore è leggermente velata di giallo, simile a quella dei maschi dei quali hanno, di norma, dimensioni leggermente superiori.
La specie svolge una generazione annuale. Le femmine, a partire dal mese di aprile, ovidepongono sulla pianta ospite Isatis tinctoria delle cui foglie si nutrono le larve che sono poco appariscenti, di colore verdastro, come la crisalide, la quale, legata al supporto per mezzo di un filo di seta a cintura, passa spesso inosservata.
Il Pieride è stato raccolto nel 1824 da Lefevre sulle pendici etnee durante una spedizione in Sicilia nel corso della quale ha raccolto anche il Gryllide Brachytrupes megacephalus. Il lepidottero è stato descritto da Boisdual, nel 1836, come Anthocharis damone. Successive campagne di raccolta, effettuate nel corso del 1900 in Italia, hanno consentito di confermare la sua presenza sia nella zona etnea, dai 600 ai 1200 m s.l.m.m., che in Calabria (Aspromonte e Pollino), nonché in Grecia, Macedonia, Albania, Serbia, Anatolia e Asia Minore, dove vegeta la sua pianta ospite di origine asiatica Isatis tinctoria.
Il nome generico di tale crucifera, deriva dal greco isàtis, con riferimento al potere abrasivo delle foglie, mentre quello specifico di tinctoria deriva dal verbo tingere. La pianta erbacea bienne ha le foglie basali in rosetta, picciolate, mentre le cauline sono sessili e gradualmente più piccole, di colore verde glauco. L’infiorescenza in racemi corimbosi, con corolle gialle. La fioritura, che inizia nel mese di marzo, attrae numerosi insetti antofili Apoidei e Lepidotteri per il nettare e il polline; i frutti sono siliquette pendule, nere a maturità.
La crucifera nota come Guado od Oro blu, è ampiamente diffusa in tutta Italia dove in alcune zone veniva coltivata per ottenere un colorante azzurro. Si ritiene che sia stata introdotta nel neolitico, a opera dei Catari in Piemonte per ottenere il colorante "blu pastello", che veniva utilizzato nell'industria tessile, in Toscana, Umbria, Lazio e Marche; regioni nelle quali I. tinctoria è stata coltivata dal XIII al XVIII secolo, fino a quando la concorrenza dell'indaco asiatico e americano ne ha drasticamente ridotto la produzione. Il colore per la sua solidità venne utilizzato negli arazzi medievali giunti inalterati fino ai giorni nostri. Il guado era uno dei coloranti un tempo usati per la tintura della robusta tela con cui venivano confezionati i blue jeans.
Gli antichi Egizi, i Bretoni e i Romani usavano I. tinctoria come pianta medicinale nei casi di carenze di ferro e negli stati di debilitazione, per stimolare la crescita dei bambini, per curare scorbuto e altre patologie e, per le sue proprietà astringenti e cicatrizzanti, come impacco esterno contro dermatiti, piaghe e ferite. L’impiego principale era quello della produzione del colorante che si estraeva dalle foglie dalla cui macerazione e fermentazione in acqua si otteneva una soluzione giallo verde che, agitata e ossidata, produceva il precipitato indigotina. Il colorante, molto solido, veniva utilizzato nella tintura di tessuti e in cosmetica e per i colori pittorici; con tale colorante i Britanni si tingevano il volto del caratteristico colore blu/azzurro che rendeva il loro aspetto più terribile in battaglia.
Attualmente il colorante è stato completamente sostituito dall’Indaco (Indigofera tinctoria) e dai coloranti sintetici, mentre trova impiego per migliorare le rese dei verdi, dei blu e dei neri. Inoltre l’olio contenuto nei semi viene impiegato in cosmesi.
La pianta offre abbondanti fioriture primaverili mentre l’Aurora dell’Etna è sempre più rara sulle pendici etnee.
Foto: Isatis tinctoria in piena fioritura
Sotto: uno svuotatasche realizzato per il Congresso di Entomologia