Gli alberi hanno da sempre affascinato l’uomo per la loro pluricentenaria longevità che nel tempo collega varie successive generazioni umane, per la potenza espressa dai loro tronchi poderosi, per la maestosa dimensione delle loro chiome tanto che, soprattutto nelle antiche civiltà, esso ha loro attribuito caratteristiche di sacralità e in loro ha immaginato la dimora di esseri divini.
Nella mitologia dei Greci, dei Romani, dei Celti e di altri popoli, numerose erano le specie di alberi sacri o comunque in qualche modo collegati al culto delle divinità: la quercia a Zeus e a Pan, l’olivo ad Atena, il mirto ad Afrodite, il fico a Dioniso e a Marte, il cipresso, tuttora simbolo di morte presso vari popoli, al dio degli Inferi, Plutone, la vite a Dioniso, il salice ad Osiride, il sicomoro ad Hator; la mela e la rosa erano il frutto e, rispettivamente, il fiore sacri ad Afrodite; la rosa era nell’Egitto sacra ad Iside; i meli dai pomi d’oro erano coltivate nel magico giardino sulle pendici del Monte Atlante. Particolare significato è stato attribuito presso varie religioni, all’albero cosmico che in alto erge le radici e in basso volge i rami, un simbolo che accompagna diverse religioni. Infatti l’idea dell’albero rovesciato ha una diffusione nel tempo e nello spazio che va da Platone a Dante e dalla Siberia all’India, e in ciascun paese nel quale la tradizione è stata adottata, l’Albero del Mondo è di una specie che è propria del luogo. Nell’antica raccolta nordica Edda, questo Albero è detto Yggdrasil (il destriero di Odino) ed è rappresentato dall’olivo nell’Islam, dalla betulla e il larice in Siberia, dal Ficus religiosa in India. Gli aspetti del comportamento umano legati al mito, riflettono il desiderio di cogliere la realtà essenziale del mondo e le origini delle cose, il "centro", il punto di inizio assoluto quando furono creati gli uomini e il mondo. Nel linguaggio simbolico, questo punto è l'ombelico del mondo, l'uovo divino, ma viene spesso immaginato come un asse verticale che, situato al centro dell'universo, attraversa il cielo, la terra e il mondo sotterraneo. L'immagine di un asse cosmico è antichissima - pare che risalga al IV o III millennio avanti Cristo - e diffusa in tutto il mondo sotto forma di pilastro, o palo, di albero e di montagna.
L'albero cosmico, simbolo del mondo, mediatore tra le profondità della terra e le altezze dei cieli, appartiene anche alla cultura indiana: l'universo è rigorosamente ordinato attraverso gli alberi, per la tradizione indiana, infatti, l'universo si divide in sette continenti concentrici, ognuno è circondato da un oceano e ognuno porta il nome dell'albero da cui gli abitanti traggono benefici. In particolare l'albero cosmico è rappresentato dal Ficus religiosa (pippal, sotto le cui fronde Buddha ebbe l’illuminazione - “risveglio”), nei cui pressi stanno delle dee nude, simbolo femminile dalla terra madre, in numerosi miti infatti, l'uomo nasce dall'albero e, alla sua morte, viene sepolto in un albero cavo, restituito quindi alla dea - madre - albero che lo partorì. Nelle più antiche rappresentazioni delle tentazioni di Buddha, egli non appare essendosi unito al sacro che irradia in tutto il cosmo, ed è raffigurato dall'albero cosmico. Anche Platone fa riferimento all’immagine dell’albero rovesciato quando dice che l’uomo è una pianta celeste, ovvero l’uomo è come un albero rovesciato, le cui radici protendono verso il cielo e i rami verso la terra. Dell'albero rovesciato parla persino Dante nel Purgatorio (canti XXII e XXV) descrivendo due alberi rovesciati, vicino al vertice della montagna, immediatamente sotto il piano dove è situato il Paradiso terrestre. Dal modo in cui Dante parla dell’Albero si deduce che questa sia l’immagine riflessa e rovesciata dell’Albero della Vita, di cui le anime del Purgatorio hanno fame e sete, ma di cui non possono aver parte e su cui non possono salire. Il simbolo dell'Albero Cosmico è molto presente anche nella nostra epoca. Carl Gustav Jung scoprì che l'immagine dell'albero appariva a una quantità di suoi pazienti nei momenti di crisi, come immagine di sostegno del processo di integrazione e di crescita. Senza avere alcuna idea del loro simbolismo religioso, queste persone sognavano oppure dipingevano spontaneamente motivi arborei, traendo beneficio dai loro poteri terapeutici. Al cuore della psicologia junghiana si trova l'intuizione che l'inconscio opera di continuo per aiutare la parte conscia a integrare tutti gli aspetti della personalità, inclusi quelli che reprimiamo perché contraddicono altre parti di noi o la nostra immagine ideale. Il processo d'integrazione è stato chiamato da Jung individuazione, e il simbolo universalmente diffuso per l'individuo integrato è il cerchio. Un altro simbolo della stessa valenza è l'albero, la cui radice rappresenta l'inconscio, il tronco la mente conscia e la chioma l'individuazione, l'anima dell'uomo pienamente espressa.
Da: www.aboutplants.eu, 12 luglio 2013