Le linee guida della European Animal Feed Organisation (FEFAC) del 2015, relative all’acquisto e importazione di soia sostenibile stanno per essere riviste ed aggiornate, a dimostrazione dell’importanza attribuita alla deforestazione illegale, soprattutto in Amazzonia, ritenuta una causa importante del fenomeno del riscaldamento globale.
Nella precedente versione delle linee guida (Soy Sourcing Guidelines, SSG) era stata messa al bando solo la soia prodotta su terreni deforestati illegalmente. Con le nuove linee guida sembra di capire che non sarà consentito acquistare soia prodotta su qualsiasi terreno deforestato, anche legalmente, o su altri ex ecosistemi naturali come le savane o le paludi, cioè su terreni “convertiti”. Si potrà trattare solo la cosiddetta “conversion-free soy”.
Il parlamento europeo sta lavorando alla preparazione di una legge che regolamenti la deforestazione, in modo tale da adeguarsi alle regole di acquisto e importazione di soia conversion-free. Uno studio del 2013 ha indicato che l’Europa importa circa il 10% di prodotti legati in qualche modo al fenomeno della deforestazione. Motivo di perplessità e di preoccupazione è il fatto che si confida sulla “diligenza” e l’onestà delle compagnie che trattano la soia, le quali dovrebbero identificare i prodotti non permessi e prevenirne la circolazione sui mercati europei, pena sanzioni, anche pesanti.
Tuttavia, molti sono scettici riguardo all’auspicio che tutti coloro che operano nel mercato della soia rispettino le regole. Il segnale dato dalla FEFAC è forte, ma l’impatto sul mercato a livello internazionale è ancora molto modesto. Ricordiamoci che la Cina è e rimarrà il più forte importatore di soia del mondo, mentre l’Europa pesa solo per circa il 10%.
I più ottimisti pensano che il comportamento responsabile dell’Europa possa essere di esempio per tutti. Forse è meglio non fare commenti, visto come ci siamo comportati finora e ci stiamo comportando e in quali condizioni è ridotto il nostro pianeta.
Se le nuove linee guida saranno rispettate da noi europei, nel senso che accetteremo solo soia proveniente da aree a basso rischio come gli Stati Uniti, allora il rischio rimarrà legato ai forti importatori come la Cina.