Piante che amano l'ombra o animali che pascolano: sotto i pannelli fotovoltaici c'è un mondo da scoprire. La luce filtrata dagli impianti solari favorisce a terra la crescita di piante alimentari per l'uomo e di foraggio per il bestiame. Energia rinnovabile, agricoltura e allevamento convivono nei cosiddetti campi agrovoltaici dove non si spreca un centimetro di terra. A patto che i pannelli siano alti dai quattro ai 5 metri per consentire a mandrie o greggi di ruminare sotto i cristalli di silicio.
In Italia, soprattutto al confine tra Emilia Romagna e Lombardia ci sono già circa 30 ettari coltivati così ma a Uta, nella città metropolitana di Cagliari, è in pista un progetto per un parco agrovoltaico con una potenza di 60 megawatt sui terreni di un'azienda agricola. Ci sono altre iniziative in Puglia e in Sicilia ma su questa tecnica oggi si investe soprattutto in Oriente, anche perché il tè è una delle piante che rende meglio sotto i pannelli. Così come i frutti di bosco, che già in natura prediligono una posizione al riparo dalla radiazione diretta, ma non solo: si possono seminare cereali come il riso, piante da frutto e la vite.
L'agrovoltaico è una tecnologia emergente ma in Italia mancano ancora linee guida per la progettazione degli impianti in termini di altezza dal suolo e distanza tra le fila per citare due dei parametri più importanti. L'Enea ha proposto di recente di utilizzare una parte delle risorse del Recovery Fund per realizzare una stazione di sperimentazione dove mettere alla prova le possibili integrazioni virtuose tra attività rurali ed energie pulite. "Con un pannello solare bifacciale, che cattura la luce sia nella parte anteriore che posteriore, anche le piante possono contribuire a generare elettricità. - spiega Ezio Terzini, responsabile del dipartimento fotovoltaico dell'Enea - Il comune cavolo, ma non solo, ha un'ampia superficie riflettente perché tende al bianco e con una soluzione del genere si potrebbe intercettare la luce di ritorno per produrre altra energia".
In molti casi le piante fanno economia di radiazioni solari e usano solo quelle necessarie per la fotosintesi come ha dimostrato uno studio (https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S2666386421000710?via%3Dihub) sulla lattuga della North Carolina University pubblicato a metà marzo sulla rivista Cell Reports Physical Science. La Lactuca sativa coltivata in serra non sembra fare una grande differenza tra una normale vetrata e un tetto fotovoltaico: per crescere le serve solo una parte delle lunghezze d'onda della luce. Così i ricercatori hanno sviluppato pannelli in grado di filtrare solo quelle necessarie alla pianta. Il resto viene convertito in energia. I risultati, anche valutando numero e dimensioni delle foglie, livelli di antiossidanti e quantità di anidride carbonica assorbita, sono identici a quelli della lattuga coltivata in modo tradizionale. Una precedente indagine dell'Università del Sacro Cuore aveva rivelato che, alcune cultivar, sotto i pannelli rendono del 4,3% in più rispetto al campo aperto.
"L'elettricità prodotta con l'agrovoltaico - conclude l'esperto di Enea - in base alla caratteristiche fisiche e alla posizione dei terreni può essere fatta circolare localmente rendendo l'azienda energeticamente neutra o consentirle di generarne più di quanta ne consumi e venderla sul mercato". Secondo un recente rapporto dell'associazione SolarPower Europe sarebbe sufficiente destinare a questa tecnologia l'1% dei terreni coltivabili nella Ue per produrre oltre 700 gigawatt di energia pulita, quanto basta per alimentare oltre un centinaio di milioni di abitazione, e una forma di agricoltura più sostenibile.
Le aree sotto i pannelli, come ha indicato una ricerca della Oregon State University pubblicata sulla rivista Plos One, hanno un suolo più umido e consentono un risparmio del 328% di acqua rispetto a una coltivazione in pieno campo. Non solo: le piante che crescono all'ombra degli impianti producono, in tarda stagione, il 90% di biomassa in più.
(https://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0203256)
da Repubblica.it, 31/3/2021