Il miglioramento del livello di consapevolezza dei consumatori nelle proprie scelte alimentari e il rafforzamento della prevenzione e della repressione delle frodi alimentari impone una riflessione sul concetto di “autenticità” sia della produzione agricola che dell’alimento processato, non solo sugli strumenti legislativi e amministrativi disponibili per garantire questa caratteristica (tracciabilità, etichettatura) , ma anche sugli strumenti analitici che possano permettere di stabilire in modo inequivocabile le attribuzioni qualitative di un determinato alimento dal campo alla tavola, lungo tutta la filiera. I cerali rappresentano una produzione agricola tipica del nostro paese e la materia prima di molti prodotti alimentari “made in Italy” che in taluni casi possono fregiarsi anche di marchi di tutela come il farro della Garfagnana, il riso del Delta del Po, il pane di Altamura, per citare alcuni esempi. Nel caso dei cereali che hanno una filiera produttiva lunga con passaggi di prima e seconda trasformazione (seme, sfarinato, prodotto finito quale pane, pasta, cereali per la prima colazione, etc) problematiche legate all’autenticità possono presentarsi lungo tutta la filiera.
I metodi analitici idonei a garantire l’autenticità della materia prima e dei prodotti derivati hanno subito nel tempo un’evoluzione che ha necessariamente dovuto tenere conto anche dell’evoluzione dei processi tecnologici, vedi ad esempio l’introduzione delle alte temperature nel caso dell’essiccazione della pasta che hanno reso inefficaci i metodi immunochimici per la determinazione delle frazioni proteiche dei frumenti di origine o hanno spinto alla individuazione di molecole marcatrici di processo come la furosina.
Negli ultimi decenni, il concetto di autenticità si è ampliato e sono stati sviluppati diversi strumenti analitici per la determinazione dell’autenticità delle produzioni cerealicole anche in termini di origine geografica, sistema di coltivazione (biologico vs convenzionale) nonché genuinità di prodotti protetti con marchi europei DOP e IGP. Sono stati pubblicati molti studi in cui l’origine geografica e l’identità genetica sono state determinate sulla base della composizione isotopica o applicando metodologie chemometriche a parametri analitici. Sono state invece sviluppate tecniche di profilo proteico, come parametro diagnostico, per la discriminazione ad esempio della produzione biologica di grano rispetto a quella convenzionale. A proposito dei nuovi metodi occorre anche ricordare la necessità di studi di validazione che permettano di pubblicare come standard i metodi più promettenti. In riferimento ai prodotti cerealicoli protetti da marchio DOP e IGP, è auspicabile inoltre la creazione di banche dati di riferimento, da utilizzare nella verifica dell’autenticità del prodotto alimentare in questione. Una tematica poi di interesse nel settore cerealicolo è anche quella che riguarda la possibilità di distinguere le coltivazioni GM rispetto a quelle non GM considerato che il mais è il secondo prodotto GM coltivato nel mondo dopo la soia.