L’attenzione nei riguardi delle attività zootecniche responsabili,
secondo alcuni, di più della metà delle emissioni totali di gas serra in
atmosfera, si è riaccesa recentemente, tanto da indurre il Comitato
Consultivo “Allevamenti e Prodotti Animali” della nostra Accademia dei
Georgofili a pubblicare un deciso commento sulla “newsletter” del 17
marzo scorso dal titolo
“Improvvisazioni, falsità e clamori giornalistici sugli allevamenti e
sui prodotti di origine animale. La necessità di un dialogo su vere basi
scientifiche”.
Nel commento si ribadisce che i dati ufficiali, anche della FAO (2019), attribuiscono alla zootecnia non più del 14% della “colpa” globale dell’inquinamento, per cui sarebbe opportuno guardare, contemporaneamente, anche in altre direzioni, ad esempio ai trasporti terrestri ed aerei, alle attività industriali non rispettose delle norme, alle centrali elettriche a carbone o all’eccessivo dispendio energetico per la climatizzazione degli ambienti pubblici, commerciali e domestici.
Comunque, se vogliamo fare qualcosa per mitigare i guai connessi agli allevamenti animali, ben vengano le proposte innovative e non solo le critiche.
I due problemi che sembrano pesare di più in questo momento sono l’allevamento dei ruminanti, che utilizzano l’energia della fibra alimentare con emissione di metano, e l’impiego praticamente esclusivo della soia come ingrediente proteico dei mangimi un po’ di tutti gli animali allevati. Entrambe le attività spingono alla criminale pratica della deforestazione di vaste zone con conseguenze disastrose sulla “purificazione” dell’atmosfera dalla CO2 per fotosintesi, la salvaguardia delle biodiversità e delle popolazioni locali. Per non parlare della necessità di trasporti da un continente all’altro, con tutto ciò che ne consegue anche in termini di ulteriore inquinamento da gas serra.
Cosa possiamo fare? Ad alcuni è venuto spontaneo proporre di divenire tutti vegani o, almeno, vegetariani, magari eliminando dalla faccia della terra i ruminanti, dimenticando, ad esempio, che la sola risicoltura contribuisce per l’11% della produzione globale di metano. Il problema nel problema è che non è possibile: non disponiamo di sufficienti aree coltivabili, non coperte da foreste, adeguate a garantire a tutti i quasi otto miliardi di abitanti di questo pianeta gli alimenti necessari a sostenere i fabbisogni nutritivi, specialmente proteici, minerali, lipidici (omega tre) e vitaminici (vitamina B12), dei bambini in special modo.
Molti sembrano essere coscienti della gravità della situazione, sia fra gli addetti ai lavori che a livello mediatico, tanto da avanzare delle proposte sensate che possono essere riassunte nei seguenti punti:
• intensificare le campagne di educazione alimentare nei paesi occidentali cosiddetti “ricchi”, finalizzate a far diminuire i consumi di carne e di alimenti di origine animale;
• studiare e proporre fonti proteiche alimentari alternative alla soia. Al momento, le proposte maggiormente qualificate in ambito zootecnico sembrano essere le alghe marine e le farine di larve di insetti.
La tabella seguente, che confronta le caratteristiche della farina di estrazione di soia e della farina di pesce con quelle di larve e di alghe, ci può essere d’aiuto nel confronto fra alimenti proteici diversi.
Soia 44 |
Pesce 72 |
Larve |
Alghe |
|
Proteina grezza, % ss |
47 |
78 |
42-53 |
15-38 |
Ceneri, % ss |
7 |
12 |
4-20 |
15-49 |
ME polli, MJ/kg |
11 |
15 |
11 |
13-14 |
Lisina, % PG |
6.4 |
7.7 |
5.7 |
2-9 |
Metionina, % PG |
1.5 |
2.9 |
1.7 |
3-5 |
Lys/Met |
4.3 |
2.7 |
3.3 |
0.7-1.8 |