Prima di aggrapparsi, studia la presa migliore. Calcola distanza, posizione, densità di luce ed eventuale tenuta dell'appiglio. Molti rampicanti si avvolgono ai sostegni come le canne di bambù non tanto per puro caso ma eseguendo tutta una serie di movimenti coordinati. È come se ci fosse una bussola interiore a guidare le traiettorie di crescita o almeno così è risultato in una ricerca del Minimal Intelligence Lab dell'Università di Murcia in Spagna con il canadese Rotman Institute of Philosophy. Lo studio, pubblicato sulla rivista Scientific Reports, ha dimostrato che il fagiolino ha una certa capacità di orientamento. Due gruppi di dieci esemplari sono stati ripresi da una videocamera durante la fase di crescita. Mentre il primo dei due campioni di piante è stato coltivato vicino a un appoggio, il secondo è stato seminato in campo aperto.
Una successiva ricostruzione per singoli fotogrammi di questo time-lapse ha dimostrato come in presenza del palo la pianta si comporti secondo uno schema che tende a ripetersi e che sembra essere pianificato. Una coreografia di mosse che tiene conto di aggiustamenti in corso d'opera e coinvolge una gamma di movimenti oscillatori che devono garantire alla pianta un ancoraggio sicuro.
A suo tempo questi comportamenti li aveva già studiati Charles Darwin mentre negli ultimi anni si deve al neurobiologo vegetale Stefano Mancuso dell'Università di Firenze la fondazione di una disciplina scientifica autonoma che studia queste capacità nascoste. Le piante, come ha rivelato il botanico dell'ateneo toscano, sono delle grandi manipolatrici. Alcuni alberi rilasciano una sostanza zuccherina di cui le formiche diventano poi dipendenti e che sarebbero pronte a difendere a tutti i costi da altri insetti proteggendo così il fusto. Quando viene attaccato da un numero esagerato di bruchi il pomodoro si difende producendo una tossina che li trasforma in cannibali. Le radici sono in grado di distinguere e interpretare venti parametri chimici e fisici come i nutrienti presenti nel terreno, i composti chimici e il campo elettromagnetico.
Ma si può chiamare intelligenza? "Meglio parlare di cognizione vegetale, cioè di una serie di abilità ad adattarsi al proprio ambiente. - spiega Umberto Castiello, docente di neuroscienze all'Università di Padova e autore di uno studio analogo a quello spagnolo sul Pisus sativum, sempre pubblicato su Scientific Reports - La pianta è in grado di codificare ed elaborare gli stimoli esterni per poi programmare, anche con sequenze temporali, la dinamica di crescita".
Rispetto al fagiolino, la pianta del pisello ha un'arma in più perché afferra il sostegno grazie ai viticci, o cirri, simili a protuberanze a forma di gancio. "Per garantire la tenuta migliore regola il diametro dell'apertura, di quelle che potremmo chiamare mani, in base alle dimensioni del supporto. - prosegue Castiello - La pianta, in altre parole, non solo percepisce la presenza del sostegno ma calibra la meccanica dei movimenti in base al suo spessore". Come per il fagiolino, anche per il Pisus sativum, quando non ci sono supporti, l'intelligenza vegetale si prende una pausa. Queste specie rampicanti interagiscono con l'ambiente e lo fanno spesso a loro vantaggio. Dire esattamente come, è per ora ancora difficile.
Diverse ricerche hanno associato fenomeni di crescita come i movimenti di allungamento al rilascio di auxine, una classe di ormoni vegetali, altri al turgore provocato dall'acqua sui tessuti cellulari o alle capacità di assorbimento. Di sicuro le radici sono un terminale che raccoglie un numero indefinito di segnali e comunicazioni invisibili che provengono dall'esterno. Ma su come questo accada c'è ancora un grande punto interrogativo.
da: Repubblica.it, 20/1/2021