Premesso che con i cambiamenti climatici in atto, fra l’altro, è cambiata molto la variabilità delle precipitazioni tanto che se da un lato tendono a intensificarsi e a distribuirsi su un numero minore di giorni, dall’altro sono in aumento le serie siccitose con risultati che mostrano impatti diversi da zona a zona. Aumentano quindi gli eventi estremi talvolta fortemente localizzati da non incidere, in termini quantitativi, sulla significatività del fenomeno su larga scala ma che risultano devastanti proprio nella zona colpita.
In sintesi è stato evidenziato che l’erosione del suolo, con la conseguente perdita di qualità fisiche ed idrologiche, è destinata ad esacerbare il rischio idrogeologico, con conseguenze per ora non adeguatamente considerate dalla legislazione italiana ed europea. L’abbandono delle sistemazioni idraulico agrarie ha indubbiamente portato ad un aumento considerevole dei deflussi nei bacini idrologici con conseguente aumento del rischio di alluvioni, per cui occorre mettere in atto con urgenza programmi di messa in sicurezza del territorio avvalendosi delle conoscenze e metodologie che i risultati della ricerca hanno messo a disposizione.
Le anomalie climatiche, con la diminuzione del numero di eventi piovosi e l’aumento dell’intensità di pioggia, rendono quest’acqua meno efficace dal punto di vista agronomico, ma producono con frequenza sempre maggiore fenomeni di ruscellamento e drenaggio. L’acqua di pioggia che non viene trattenuta dal suolo non deve essere considerata una perdita. Al contrario è una risorsa che, seguendo la via del ruscellamento o del drenaggio, può alimentare i serbatoi artificiali. L’agricoltura italiana ha fornito validissimi esempi di “water harvesting” (laghetti collinari nel Centro Italia o cisterne interrate nelle zone carsiche del Sud) corredati da buone pratiche agronomiche e aziendali per ripartire le voci del bilancio idrico.
Occorre quindi un Piano quadro nazionale per il recupero delle acque realizzando infrastrutture capaci di aumentare le disponibilità idriche. L’alimentazione idrica di queste infrastrutture sarà favorita dalle aziende agrarie che, ripristinando le sistemazioni idrauliche e adottando le pratiche agronomiche sostenibili, offrono un servizio ecologico e che la collettività deve imparare a riconoscere e ricompensare.
L’acqua, finora, è stata la risorsa naturale più abbondante del pianeta Terra e la sua quantità può mantenersi costante nel tempo grazie ai processi di rigenerazione che la caratterizzano ma i modelli previsionali hanno evidenziato una possibile accentuazione conflittuale nell’uso della risorsa qualora dovessero continuare in modo concomitante siccità, cambiamenti climatici e trend di crescita dei consumi. Le dinamiche descritte hanno imposto la revisione, nel tempo, delle politiche pubbliche sull’acqua. In particolare la Direttiva Comunitaria 2000/60 è intervenuta in modo determinante sancendo l’applicabilità del principio del recupero dei costi relativi ai servizi idrici e prevedendo l’adozione di misure adeguate volte ad attribuire al prezzo dell’acqua il costo complessivo di tutti i servizi ad essa connessi. L’elusione delle problematiche sociali connesse all’accesso all’acqua come diritto umano inalienabile ha esacerbato le conflittualità, rendendo improcrastinabile una revisione del quadro normativo a partire dalla differenziazione nelle modalità di gestione della risorsa in funzione delle differenti destinazioni d’uso.
Proprio per affrontare la scarsità d'acqua e diminuire la pressione sulle fonti di approvvigionamento idrico la Commissione Europea ha individuato nel riutilizzo delle acque reflue una strategia di rilievo da promuovere nell'UE. Il riuso delle acque reflue per l'irrigazione, attraverso il recupero dei nutrienti, può ridurre l'uso di fertilizzanti minerali e il carico inquinante nelle acque superficiali previa, ovviamente, un’attenta valutazione di alcuni rischi associati per garantire la salute pubblica, la tutela ambientale e l’idoneità agronomica: pertanto gli obiettivi di qualità devono essere definiti in specifiche norme.
Fra il riutilizzo delle acque reflue, sicuramente l’acqua di vegetazione dei frantoi oleari è una risorsa da valorizzare, soprattutto nel settore alimentare per le proprietà nutraceutiche e salutistiche contenute nei composti delle stesse acque di vegetazione.
Infine è stato presentato il volume “L’acqua potabile, che da quasi un secolo è argomento di lagni. L’ingegner Celso Capacci e il dibattito sull’acquedotto di Firenze (1887-1918)", a cura di S. Fagioli, a testimonianza di quanto la gestione delle risorse idriche sia stata importante nel passato e lo sarà sempre di più anche nel prossimo futuro.