La filiera dei prodotti a base di legno rappresenta una delle più rilevanti attività economiche del nostro Paese, con un fatturato annuo di oltre 40 miliardi di euro. Essa, peraltro, risulta fortemente dipendente dall’estero per l’approvvigionamento della materia prima, per oltre due terzi derivante da importazioni. Ciò è causa di numerose problematiche, quali la relativa fragilità dell’industria nazionale di trasformazione, sempre più legata dalle scelte di mercato di Paesi stranieri (wood insecurity), e il rischio di attività illegali di importazione basate su prezzi più competitivi e sulla distribuzione di materiale non gestito in termini di sostenibilità ambientale nelle zone di origine. In questo quadro è di grande interesse lo sviluppo di strategie per un calibrato aumento dell’approvvigionamento legnoso da produzioni nazionali, nel cui ambito un ruolo non secondario può essere svolto dall’arboricoltura da legno.
In Italia le piantagioni specializzate per la produzione da legno su terreni agricoli occupano una superficie pari a poco meno di 100.000 ettari (https://www.smartforest.it/inarbo.it/). Il settore è dominato dalla pioppicoltura, una delle punte di diamante della produzione legnosa del nostro Paese: pur occupando una superficie minima rispetto a quella delle foreste, circa la metà dei prelievi annuali di legname a uso industriale deriva da pioppeti, i quali sono caratterizzati non solamente da rapida crescita ma anche dalla capacità di fornire molteplici assortimenti a uso industriale (compensati, tranciati, imballaggi, carta), oltre che energetico.
Le piantagioni di pioppo ad alto fusto occupano una superficie pari a oltre 46.000 ettari, localizzate in larga maggioranza nelle regioni padano-venete (il 70% è concentrato in Lombardia e Piemonte). Le piantagioni da legno di altre latifoglie ad alto fusto occupano oltre 41.000 ettari, di cui circa il 40% costituiti da noceti, per la maggior parte localizzate in Italia settentrionale e centrale. Le piantagioni governate a ceduo (circa 5.000 ettari) sono quasi esclusivamente in Lombardia (soprattutto impianti di pioppo) e Sardegna (soprattutto impianti di eucalipto). Le piantagioni da legno di conifere (poco più di 4.000 ettari) sono concentrate in Sicilia e Sardegna (pini mediterranei) e in Toscana (douglasia).
Nella pianura padano-veneta dove i pioppi ibridi possono trovare condizioni di crescita ottimali è, in genere, possibile ottenere con la pioppicoltura una redditività in linea, se non più alta, di quella media per gli investimenti in piantagioni forestali a livello europeo. Negli ultimi anni, i prezzi del legno di pioppo su piante in piedi a fine turno hanno ottenuto un discreto incremento e con gli attuali di valori intorno a 80-90 euro a tonnellata questa coltura rappresenta un buon investimento, con livelli di sostenibilità economica pari o superiore a quelli dei seminativi, anche senza considerare eventuali aiuti finanziari previsti dai PSR a sostegno dei nuovi impianti (https://foresta.sisef.org/contents/?id=efor3595-017).
In realtà, i PSR di varie Regioni contengono misure specifiche che prevedono contributi finanziari fino al 60-80% dei costi ammissibili per l’impianto dei nuovi pioppeti, incentivando i cloni di pioppo a maggiore sostenibilità ambientale (cloni MSA), i quali consentono l’applicazione di modelli e disciplinari di coltivazione più ecologicamente sostenibili rispetto alla pioppicoltura tradizionale e un risparmio in termini di costi di conduzione del pioppeto: a queste condizioni, si ottengono risultati di redditività sempre più che positivi, anche nel caso di prezzi del legno più bassi di quelli attuali.
Per le piantagioni a ciclo medio lungo con latifoglie a legname pregiato la situazione è, invece, al limite della sostenibilità economica nella gran parte dei casi, o addirittura in negativo, con risultati di redditività positivi ottenibili solamente grazie ai contributi finanziari pubblici: il problema più rilevante, oltre alla non infrequente modesta attitudine produttiva dei terreni investiti e alle carenze gestionali, è soprattutto legato all'aleatorietà del mercato del legname ritraibile a fine turno. Analoghe considerazioni valgono, in linea di massima, per le piantagioni governate a ceduo e per quelle di conifere mediterranee.
D’altro canto, risultati positivi si riscontrano negli impianti policiclici di latifoglie a legname pregiato (soprattutto, noci e farnia) misti con pioppo ibrido: considerandone anche i vantaggi di natura ecologico-ambientale (riduzione input energetici, maggiore diversità biologica, elevato stoccaggio del carbonio), anche questo tipo di piantagioni, oltre alla pioppicoltura tradizionale, può rappresentare una significativa opportunità per aumentare le superfici agricole destinate alla produzione di legno.
Nell’ambito del quadro delineato, la filiera nazionale della arboricoltura da legno può rappresentare una produzione a relativamente basso impatto ambientale e a “km zero”, meritevole di essere ulteriormente sviluppata in quanto potenzialmente in grado di sopperire in parte significativa alle richieste di legname dell’industria italiana, con sensibili vantaggi sotto il profilo economico, ecologico e anche etico. Considerata la rilevanza degli aspetti connessi alla sostenibilità ambientale, nella futura programmazione dello sviluppo rurale potrà, dunque, essere utile il mantenimento degli incentivi per l’impiego di cloni di pioppo MSA, lo sviluppo degli impianti policiclici misti di pioppo e latifoglie a legname pregiato e la ulteriore promozione degli schemi di certificazione della gestione sostenibile delle piantagioni.