E’ universalmente riconosciuto che la storia della pratica venatoria ha segnato il passaggio dall’homo erectus all’homo sapiens ed ha condizionato usi, costumi, rapporti sociali e stili di vita. La ricerca della fauna selvatica è stata la prima azione a diventare racconto scritto di cui lasciare testimonianza e memoria. Troviamo disegni incisi in caverne o su rocce, e di questi racconti raffigurati da pittori rupestri se ne trovano molti ed in ogni continente ed, a sentire i paleontologi, si risalirebbe al Paleolitico. L’uomo ha iniziato la sua avventura sulla terra come cacciatore e come tale ha via via perfezionato la tecnica venatoria e la cucina, dando vita così alla “gastronomia”, migliorando di conseguenza la sua stessa esistenza.
Con il passare dei secoli, la caccia diviene pratica di grande ed inedito prestigio simbolico nell’esercizio del potere, della forza e del coraggio, ma è anche il momento nel quale si sviluppano tutte le diverse tecniche per catturare le varie specie animali in una sfida tra la nobiltà, proprietaria dei territori e quindi degli animali selvatici che ci vivevano, ed i contadini che non avevano diritti su questi ma che cercavano ugualmente di catturarli per arricchire i propri poveri pasti. Ed ecco allora svilupparsi trappole, laccioli, reti ed altri strumenti economici e soprattutto silenziosi in contrasto con i prestigiosi, costosi e rumorosi fucili.
Foto: urna cineraria con scena di caccia al cinghiale (Castiglion Fiorentino)
Oggi nell’epoca della civiltà industriale ed urbana la fauna selvatica non rappresenta più una fonte primaria alimentare, ma è diventata per molti un divertimento, ed il rapporto con la fauna selvatica tende ad essere inevitabilmente contraddittorio. Infatti l’elevato numero di ungulati presenti in Toscana, oltre 350 mila, provoca annualmente ingenti danni alla agri-silvicoltura, costringendo moltissimi agricoltori a stendere chilometri di rete metallica a protezione delle colture. Il rapporto quindi con la fauna selvatica deve essere meglio regolamentato, tenendo presente da un lato le problematiche che crea, e dall’altro ricordando che può essere anche un patrimonio economico potenziale dal punto di vista alimentare. Pertanto, considerata l’entità dell’impatto della fauna selvatica nel settore agro-forestale, è necessario predisporre strumenti normativi idonei a consentire una più corretta ed efficace gestione di taluni ungulati selvatici, quali soprattutto cinghiali e caprioli.