Un latte più facile da digerire - che fa anche bene al sistema immunitario - esiste in natura. Senza manipolazioni genetiche a monte, né interventi tecnologici a valle, in fabbrica. È il latte che forse bevevano i nostri antenati, prima che le necessità dell'industria conducessero verso scelte più produttive ma un po' meno adatte al nostro organismo.
Lo dimostra Prolat (https://www.poloagrifood.it/site/prolat), un progetto di ricerca durato due anni, che ha coinvolto, tra gli altri, il Cnr-Ispa di Torino e il Crea di Roma, sostenuto dalla Regione Piemonte nell'ambito del Por Fesr 2014-2020.
"Questo latte non deriva da una manipolazione tecnologica. Esiste in natura ed è prodotto da animali con una variabilità genetica naturale", tiene a sottolineare la biologa Laura Cavallarin, responsabile scientifica dello studio, pubblicato anche sulla rivista Nutrients. Il problema è che "le vacche più usate al giorno d'oggi sono state selezionate appositamente per fornire grandi quantità di latte. Sono in particolare le frisone, quelle pezzate bianche e nere". Da queste bovine si ottiene un prodotto che contiene la beta-caseina (una delle principali proteine del latte) in una forma specifica, che quando viene digerita può causare un rallentamento del transito gastrointestinale. Potrebbe essere questo, quindi, uno dei motivi per i quali molte persone oggi fanno fatica a digerire il latte.
Ma una ventina di anni fa, dall'altra parte del mondo, in Australia, alcuni allevatori hanno scoperto che è possibile avere un latte diverso dalle vecchie razze bovine, che hanno un dna leggermente differente e che negli anni sono state scartate perché producono quantità inferiori: "Nel latte di questi animali la beta-caseina ha una struttura molecolare che permette una digestione migliore, con un transito più rapido", dice ancora Cavallarin. È la beta-caseina di tipo A2, da cui ha preso il nome questo "nuovo" ma allo stesso tempo "antico" tipo di latte, già commercializzato in molti Paesi del mondo.
"Adesso c'è più di un'azienda che lo produce anche in Italia. Per questo abbiamo voluto renderci conto se, e fino a che punto, esista davvero una differenza con quello 'convenzionale'. Il percorso è partito qualche anno fa dalla Centrale del latte di Torino, che ha fatto un grande lavoro con i propri allevatori, incrociando e selezionando gli animali in modo da ottenere quelli con gli alleli giusti, che producono solo latte A2. A quel punto noi ricercatori abbiamo potuto fare una serie di prove, tra cui delle sperimentazioni sui topi, ai quali abbiamo somministrato diete diverse, integrate con un tipo di latte o con l'altro. Abbiamo selezionato topi anziani, perché con l'età aumentano le difficoltà a digerirlo. E mi sono stupita nell'osservare dei risultati così netti: in effetti i topi che consumavano latte A2 stavano meglio dal punto di vista intestinale. Abbiamo riscontrato uno stato di benessere a livello della morfologia della mucosa, che influisce positivamente anche sul sistema immunitario".
Il prossimo passo potrebbe essere, attraverso un nuovo progetto, avviare la sperimentazione anche sulle persone, per dimostrare definitivamente che il consumo di latte A2 migliora la salute dell'intestino nella popolazione umana, in particolare quella anziana.
da Repubblica.it, 9/10/2020