Diversi anni fa, in occasione di un congresso scientifico, un collega nutrizionista americano mi fece la seguente osservazione: “voi europei continentali ci snobbate col vostro sistema metrico decimale e poi esprimente il potenziale energetico degli alimenti in calorie. Se foste coerenti, dovreste usare i Joule!”
Non avevo mai fatto caso al fatto che i Joule sono unità del sistema metrico decimale, mentre le calorie non lo sono.
Qualche anno dopo, precisamente il 12 agosto 1982, in Italia abbiamo rimediato con un decreto del Presidente della Repubblica che metteva “fuori corso” le calorie a favore dei Joule (DPR 12/8/82 n. 802 in attuazione della direttiva CEE n. 80/81 del 20/12/79). In ottemperanza a ciò, sulle etichette di qualsiasi prodotto alimentare in commercio viene riportato il contenuto energetico espresso in Joule, ma anche in calorie, che sembrano dure a morire. Tanto dure a morire che, ad esempio, in qualsiasi trasmissione televisiva in cui viene intervistato un dietologo, le domande sono tutte del tipo: “ma quante calorie ha un piatto di spaghetti all’amatriciana?” oppure: “quante calorie si smaltiscono in un’ora di corsa nel parco?” Mai: “quanti Joule ha una fetta di tiramisù?”.
L’osservazione del collega americano mi è tornata in mente l’altra sera, a cena con amici, quando qualcuno ha chiesto come mai sulle etichette dei prodotti alimentari in commercio il contenuto energetico è espresso sia in Joule che in calorie. E, soprattutto, che relazione c’è fra energia e la possibilità di ingrassare. Sono argomenti di cui noi consumatori normalmente non discutiamo, quasi che fossero dogmi di fede. Proprio a causa di questo atteggiamento fideistico, mi sono fatto le stesse domande.
Secondo la fisica classica, l’energia è la capacità di compiere un lavoro, con il quale si identifica in termini dimensionali. Il lavoro è dato dallo spostamento di un corpo la cui massa, espressa in kg, si muove con una certa velocità, espressa in metri al secondo ed elevata al quadrato.
Energia = Lavoro = massa . velocità2 = kg . m2 . sec-2
Quindi, per quanto riguarda il primo punto, la risposta è abbastanza semplice: fra i due sistemi di espressione dell’energia alimentare, l’uno è semplicemente empirico (le calorie) e l’altro è scientificamente allineato con il sistema metrico decimale (i Joule). La differenza è prettamente formale, tanto è vero che esiste un valore di conversione ben preciso: 1 caloria = 4,1868 Joule. Chi è curioso si può divertire a verificare se sull’etichetta del prodotto alimentare che ha appena comprato i conti tornano.
Per quanto riguarda il secondo quesito, forse non è chiaro come una certa quantità di energia di un alimento, se corrisponde a un lavoro, possa far ingrassare. Ho provato a chiarirmi le idee.
I “nutrienti” alimentari di natura organica: carboidrati, proteine e lipidi, sono molecole i cui elementi costitutivi sono tenuti insieme da legami chimici. Tali legami sono come delle molle tenute compresse. Se il fermo che le tiene cede, si libera una quota di energia che si può trasformare in lavoro, ad esempio nella compressione di altre molle vicine. Fuori di questa metafora, se nel metabolismo un legame chimico viene rotto, l’energia che si libera può servire a produrre il lavoro per la formazione di un nuovo legame: l’energia di un glucosio che si rompe può servire a formare i legami dei lipidi del tessuto adiposo, oppure a legare aminoacidi in nuove proteine, o anche a formare i legami che fanno scorrere le proteine muscolari determinandone l’accorciamento tipico del lavoro muscolare.
Ecco che si giustifica la scelta di esprimere l’energia degli alimenti in unità di lavoro, quali sono i Joule.
Ma la quantità di energia complessiva dei legami chimici contenuti in un alimento corrisponde anche al suo calore di combustione, facilmente misurabile. E così si giustifica anche la scelta di esprimere il valore energetico alimentare in calorie.
Ripensando a tutto questo, dopo cena, mi sono chiarito le idee ed ho realizzato che avevo ecceduto in calorie. O in Joule?