Il 14 settembre dell’anno del Covid 19 è stato scelto come giorno d’inizio dell’anno scolastico 2020/2021. Nei giorni precedenti e, poi, anche in quelli che verranno, si è molto parlato e discusso di questa scadenza e, soprattutto, delle strane modalità con cui essa (non) è stata tempestivamente preparata. La stessa scelta della giornata d’inizio, a ridosso della prima sospensione delle attività scolastiche per dare spazio alla tornata elettorale del 20/21 settembre, ha suscitato molte perplessità, se non addirittura contrarietà, in chi faceva notare l’assurdità di una scelta rigidamente imposta e perseguita con una serie addizionale di elementi di rischio. Appare molto più ragionevole la decisione di molte Regioni di spostarla a dopo le elezioni, a seggi smontati, ambienti sanificati e frequentazione di persone esterne alla scuola ridotta a zero.
La ripresa scolastica avviene letteralmente sulla pelle dei più innocenti protagonisti, e cioè i bambini e i giovani, convogliati in oltre 5,6 milioni circa di unità verso un caotico destino in realtà sconosciuto nei suoi aspetti organizzativi e nei rischi potenziali. Senza esagerare ci sembra di poter dire che sia in atto una nuova “Crociata dei fanciulli” che, storicamente, non è un esempio confortante.
La domanda che i solerti cronisti hanno rivolto agli esperti, veri e presunti, è stata sostanzialmente questa: ottimisti o pessimisti sull’esito della Crociata? È la stessa che ognuno si pone, ma non ci sembra il punto di partenza giusto.
Il fatto è che qui non solo si è in presenza di un sia pur gigantesco problema organizzativo di cui alcuni elementi sono stati dibattuti sino alla nausea senza evidenti soluzioni, considerato lo stato in cui avviene la partenza della Crociata. Ma che ciò avviene senza aver preso minimamente in considerazione le esigenze del mondo della scuola in funzione dei suoi obiettivi formativi, dell’organizzazione della didattica, dei contenuti da adeguare ai tempi ed alle condizioni della nostra vita sociale ed economica in questi travagliati tempi della pandemia. Invece di preoccuparci, e farci preoccupare, sul tema delle rotelle e su altre sciocchezze di pari spessore logico, oppure di lanciarci in arditi voli sulla didattica a distanza che vi è stata, con incerti esiti, solo grazie alla spontanea buona volontà dei docenti, senza un’adeguata preparazione e la necessaria modalità di impiego, perché non abbiamo approfittato di questo lungo intervallo per prendere in considerazione come intervenire sulla didattica? Invece di promettere decine di migliaia di posti di docente a concorso che arriverebbero, se tutto andasse bene, fra un paio di anni scolastici, non sarebbe stato più produttivo a tutti gli effetti rivedere contenuti e modalità dell’insegnamento, in ogni ordine e grado della scuola?
La mia generazione frequentava la scuola ancora con i doppi turni a causa delle distruzioni della guerra, per esperienza so che molto si può fare sugli aspetti organizzativi che oggi sembrano prevalenti, ma che ciò che conta è l’impianto didattico, il modello di studio e di apprendimento. La diffusa infatuazione per un malinteso senso di modernità e di adeguamento ai tempi, insieme all’intento di scaricare sulla scuola compiti che sono delle famiglie, porta ad un sistema didattico superficiale e sul modello dei reality show televisivi. Manca il collegamento fra didattica e mondo del lavoro. L’Istruzione tecnica è stata sacrificata e distrutta.
L’elevato numero di giovani disoccupati, a maggior ragione nella fase post Covid, si combatte non con l’ulteriore banalizzazione dei contenuti formativi, ma con l’aumento della specializzazione e della conoscenza del mondo del lavoro. Penso con grande preoccupazione alla formazione agraria ed alle strutture di cui disponeva e potrebbe validamente ancora disporre e che invece è stata sacrificata al generale abbassamento di livelli e alla genericità.
La Crociata dei Fanciulli nei suoi esiti peggiori si evita anche mettendo alla loro guida non verbosi falsi profeti, ma veri capi e guide, autentici Maestri.
Il nostro impegno deve essere rivolto al domani così.