Come ogni anno assistiamo alla presentazione da parte di ISPRA del rapporto annuale sul consumo di suolo cioè il suolo consumato a seguito di una variazione di copertura e, quindi reso impermeabile. Lo scorso anno definimmo i dati allarmanti perché le nuove coperture artificiali avevano riguardato altri 51 chilometri quadrati di territorio, ovvero, in media, circa 14 ettari al giorno, oltre 2 metri quadrati al secondo. Fu auspicata un’inversione di tendenza per porsi l’obiettivo del “consumo 0” di suolo. Ma quale inversione di tendenza! In sostanza, mentre la crescita demografica in Italia diminuisce, il cemento cresce più della popolazione.
È stato sottolineato che nel 2019 nascono 420 mila bambini e il suolo ormai sigillato avanza di altri 57 km2 (57 milioni di metri quadrati) al ritmo, confermato, di oltre 2 metri quadrati al secondo. È come se ogni nuovo nato italiano portasse nella culla ben 135 mq di cemento. Così un bambino che dovesse nascere oggi si ritroverebbe oltre che un debito pubblico di 30 mila Euro pro-capite anche una bella dote di cemento; è evidente che in questa situazione i bambini si rifiutano di nascere!
È inutile sottolineare il rallentamento rispetto agli anni 2008-2013, dove si raggiungevano medie di perdita di suolo intorno ai 6-7 metri quadrati al secondo, perché detto rallentamento è dovuto agli effetti della congiuntura economica in atto e non certo a un presunto aumento di una sensibilità verso i problemi ambientali o, tanto meno, a una legge che tuteli il suolo, attesa invano da anni.
L’incremento di tale consumo è un grave danno, fra l’altro, per l’agricoltura proprio perché, come più volte sottolineato, l’espansione urbanistica e l’agricoltura competono per gli stessi suoli che, guarda caso, sono sempre i migliori per capacità produttiva, fertilità, giacitura, ecc.
Oltre ai danni all’agricoltura è altrettanto evidente che l’impermeabilizzazione contribuisce a rendere catastrofici eventi estremi, come, ad esempio, le recenti alluvioni di Palermo, Milano, ecc., eventi non più eccezionali ma ormai frequenti a causa dei cambiamenti climatici in atto. È chiaro che anche un metro quadrato in più di suolo impermeabilizzato contribuisce ad aumentare la furia devastante di grandi masse d’acqua con i risultati ben evidenti di allagamenti e movimenti franosi.
È stato evidenziato anche che il problema del consumo di suolo affligge l’intera Unione Europea; c’è un piccolo particolare, però: la variabilità dei nostri suoli se da un lato ha dato origine a quel paesaggio unico tanto da attribuire il termine “Bel Paese” all’Italia, dall’altro ha prodotto un territorio più fragile e vulnerabile rispetto, ad esempio, ai Paesi del Nord Europa.
Inutile ripetere che l’impermeabilizzazione è una delle cause di degradazione del suolo che si aggiunge all’erosione, al compattamento, all’inquinamento, alla perdita di sostanza organica, alla salinizzazione, ecc. e inoltre contribuisce, anche in maniera grave, a ridurre le aree verdi delle città.
Fa piacere, comunque, che nella presentazione di questo rapporto, si è sottolineato come allo stato attuale disponiamo di dati e conoscenze del suolo notevolmente superiori rispetto al passato e che si tratta quindi migliorare fortemente il trasferimento nella pratica di queste conoscenze.
Questo è un punto veramente delicato, tanto da far sembrare i cambiamenti climatici, ambientali, ecc., del pianeta più veloci della capacità umana di mettere in atto, sulla base delle conoscenze disponibili, azioni capaci, se non di prevenire, di attenuare i fenomeni degradativi. Si è parlato di “innovazione partecipata” in cui cittadini, agricoltori, ricercatori, decisori politico amministrativi, devono lavorare insieme per favorire la messa a punto di programmi finalizzati all’attuazione di azioni innovative su larga scala atte alla reale tutela della risorsa suolo.
Fra le notizie negative ve ne è una positiva ed è che l’Italia ricicla il 47% dei residui alimentari, ben superiore alla media dei paesi dell’Unione Europea. Ecco, su questo l’Italia potrebbe diventare leader in Europa e il migliorarsi ancora sarebbe estremamente positivo anche per contrastare il depauperamento di sostanza organica nel suolo e aumentare lo stoccaggio del carbonio.
Nella sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulla gravità di queste problematiche sarebbe anche necessario sfatare slogan forvianti, quali, ad esempio, “bisogna salvare il pianeta”; no, bisogna salvare il futuro dell’umanità!