Più volte la lingua italiana è stata paragonata a un fenomeno geologico, ricco di sedimentazioni e straordinari giacimenti, soggetto ad un’inarrestabile e lentissimo divenire. Su questa scala temporale suona come una “notizia di stamani” il Lessico di frequenza della lingua italiana contemporanea (Bortolini, Tagliavini, Zampolli) edito da Garzanti nel 1972.
L’opera in sostanza fa lo spoglio di un rappresentativo corpus di testi di teatro, romanzi, cinema, quotidiani, sussidiari (fra cui Fo, Calvino, Germi, Visconti ecc) per complessive 500.000 parole: poi le attribuisce a classi di frequenza. L’obiettivo è quello di passare la lingua “ai raggi x” per vedere quali parole siano le più usate. Radiografie come quella scattata allora (ora) sono utilissime per i tecnici, sempre inclini a farsi un proprio gergo sottovalutando l’opportunità di dialogare con i comuni mortali.
Per il versante “forestale”, il responso è categorico: il vocabolo “bosco” è stato conteggiato ben 65 volte, mentre “foresta” solo 19, meno di un terzo. Gli italiani parlerebbero dunque più volentieri il “boschese”, mentre gli addetti ai lavori (o agli studi?) preferiscono foresta e suoi derivati, risultando forestali: le scienze, i dottori, le leggi, le politiche, i proprietari, il settore, il demanio, il Corpo dello Stato, i cantieri, gli operai, le sistemazioni idrauliche, le riviste, le fiere ecc. Di boschivo rimangono gli incendi e i boscaioli. Infine, fuori concorso causa obsolescenza etimologica, l’anno silvano, l’economia agrosilvopastorale e la selvicoltura.
La legislazione, in virtù della sua ufficialità, propende per “foresta” a discapito di “bosco”: e così nella Costituzione comparivano fra le competenze delle Regioni, insieme all’agricoltura, le “foreste”, e non boschi né selve (prima della modifica del 2001 che individuando tali competenze per esclusione ha eliminato il termine). “Forestale” fin dal nome anche la Legge dello Stato Unitario 3917/1877, mentre la ben nota Legge Serpieri del 1923 titola “in materia di boschi”, adoprando poi al suo interno poco selva e molto sia bosco (come sostantivo) sia foresta (nel corrispondente aggettivo).
Il D.lgs. 227/2001 “Orientamento e modernizzazione del settore forestale” equipara i 3 termini, lo stesso fa la Legge Forestale Regionale della Toscana 39/2000, omettendo “selva”. La Legge Galasso del 1985 per non sbagliare li evoca sempre in coppia. Una larga maggioranza di “bosco” domina nel Codice Civile, e il Nuovo Catasto Terreni categoricamente non prevede “foreste” fra le qualità di coltura, ma solo alcuni tipi di “bosco”. L’Inventario Nazionale delle Foreste e dei Serbatoi Forestali di Carbonio del 2005 quando accorpa le categorie “bosco” e “altre aree boscate” ne sublima il nome in “superficie forestale totale”.
A questo punto bisogna decidere se vogliamo parlare il boschese o il forestalese. Il primo in compagnia, il secondo da soli.