Nonostante i forti temporali che hanno interessato il nord Italia nella prima metà di maggio, con i conseguenti locali eventi alluvionali, stiamo vivendo la primavera più secca degli ultimi 60 anni. Da gennaio ad oggi il nostro Paese ha ricevuto poco più della metà della pioggia che dovrebbe cadere normalmente.
In effetti l'Italia è un paese che presenta criticità sia per carenza che per eccesso idrico. Sebbene la maggior parte del suo territorio sia interessata da un deficit idrico più o meno accentuato, non mancano aree caratterizzate da un elevato surplus. Da secoli la nostra agricoltura intensiva si è avvalsa di una opportuna gestione delle risorse idriche ai fini irrigui e la raccolta e conservazione delle acque meteoriche è una pratica diffusa e anche molto sofisticata, tanto che attualmente in Italia ci sono circa 8.350 dighe che raccolgono 13 miliardi di metri cubi di acqua.
Se la carenza d'acqua è da sempre un importante fattore che limita la produzione agricola e zootecnica in Italia, si stima che la sua incidenza dovrebbe aumentare con il cambiamento climatico, che si prevede particolarmente negativo nell'Europa meridionale. Secondo l'IPCC, le aree del Mediterraneo rischiano di subire temperature più elevate, maggiore variabilità delle precipitazioni e maggiore frequenza di eventi estremi. Si prevede che nel complesso le precipitazioni saranno più irregolari, con prolungati periodi di siccità associati a precipitazioni di forte intensità, proprio come in questa primavera, che ne aumenteranno l’erosività per il suolo.
Diversi studi hanno dimostrato che alcuni indicatori delle qualità del suolo, quali stoccaggio di C organico, suscettività al compattamento e all’incrostamento, capacità di infiltrazione e di trattenuta idrica, erodibilità e tasso di erosione, siano già variati in dipendenza dei cambiamenti climatici avvenuti in Italia dagli anni ’60 ad oggi, e potranno cambiare ancora sensibilmente in funzione del clima previsto dai modelli per i prossimi 30 anni. L’aumento dell’erosione del suolo, diminuendone la sua capacità di invaso naturale di raccolta delle acque meteoriche, è destinato ad esacerbare sia il rischio di siccità sia il rischio idrogeologico, con conseguenze per ora non adeguatamente considerate dalla legislazione italiana ed europea.
In effetti, quando si fa riferimento ai pericoli determinati dall’azione incontrollata dell’acqua, generalmente si tende a indicare la difesa del territorio dal rischio di dissesto idrogeologico. L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) considera come costituenti del dissesto idrogeologico essenzialmente le frane e le alluvioni. L’erosione idrica del suolo viene invece inclusa da ISPRA nei fenomeni di degrado ambientale, assieme ai cambiamenti di copertura del suolo, perdita di produttività, di carbonio organico e di qualità degli habitat, e alle aree incendiate. L’erosione idrica del suolo però dovrebbe essere adeguatamente considerata anche nelle sue relazioni con i fenomeni di frane e alluvioni. In Italia, nell'ultimo secolo, gli eventi più catastrofici hanno riguardato proprio la copertura del suolo delle aree montane poiché è proprio la natura stessa del suolo che può facilitare l'innesco di frane, come nei suoli caratterizzati da bassa densità apparente, elevata ritenzione idrica, porosità e permeabilità, e da proprietà tixotropiche.
L’ erosione idrica del suolo in Italia è in media la più elevata in Europa (8,46 t.ha-1anno-1) e in molte aree sorpassa i valori considerati tollerabili. Una delle cause principali dell’elevata erosione del suolo in Italia è la perdita della cultura del suolo e, in particolare, della “coscienza sistematoria” cioè dell’attenzione alla predisposizione e manutenzione di adeguate sistemazioni idraulico agrarie, volte a regimare i deflussi ed a evitare l’erosione idrica del suolo.
In generale, la rilevanza e diffusione dell’erosione del suolo causata dalla gestione agricola ha stimolato la ricerca da molti anni, con molti risultati applicativi di rilievo, ripresi anche in alcune politiche comunitarie. Tra questi vi sono la messa a punto di tecniche di lavorazione ridotta e di coltivazione conservativa. Nella Conferenza EU2019.FI di Helsinki del settembre 2019 la Comunità europea ha inserito tra le Politiche agricole per il periodo 2020-2027 l’obiettivo di incentivare l’adozione di lavorazioni conservative per limitare l’erosione del suolo e favorire l’accumulo di sostanza organica nei suoli, al fine della mitigazione dei cambiamenti climatici. Tali tecniche cominciano a diffondersi anche in Italia, seppure con molte incertezze e per lo più per alcune colture arboree, quali oliveti e frutteti.
E’ inoltre da sottolineare che una nuova sensibilità si sta diffondendo in Italia anche oltre l’ambito agricolo e forestale, in particolare per limitare il consumo di suolo e per l’ottimizzazione dell’uso e gestione dei suoli urbani. Se le indicazioni della ricerca verranno adeguatamente recepite in sede legislativa, potranno contribuire notevolmente alla riduzione dell’impermeabilizzazione del suolo, alla regolazione dei deflussi idrici, alla mitigazione del rischio siccità e delle altre ricadute ambientali dei cambiamenti climatici.
La difesa del suolo, intesa nella sua accezione più propria, cioè la difesa della qualità della risorsa suolo e della sua funzionalità, dovrà essere alla base del new green deal, la strategia che Europa ed Italia hanno scelto per superare la crisi economica e l'emergenza ambientale, aggravate in modo così drammatico dall’attuale pandemia del Coronavirus.
È davvero auspicabile che la ripresa economica e sociale dopo la crisi attuale non si basi sulla ripresa dello sfruttamento sconsiderato del suolo, ma sul rispetto, valorizzazione e rigenerazione della sua capacità di fornire servizi ecosistemici per tutta la società, tra cui quello di laminazione dei deflussi idrici e conseguente riduzione del rischio di siccità e alluvioni.
Foto: erosione incanalata successiva allo sbancamento di una pendice per la sostituzione di un seminativo con un vigneto specializzato (Toscana centrale). Il livellamento del suolo ha portato all’affioramento del substrato sabbioso fine, molto erodibile e non protetto dalla vegetazione.