Vedremo mai campi di lupino bianco a perdita d'occhio nelle pianure francesi? Per il momento la coltivazione di questo legume rappresenta appena 3.000 ettari in Francia e tre cereali – grano, mais e riso – soddisfano da soli il 90% del fabbisogno alimentare del pianeta. Difficile, quindi, pensare a cosa potrebbe scalfirne l'egemonia. "Ma ciò non impedisce al lupino bianco di avere un futuro radioso", afferma Benjamin Péret, del laboratorio di biochimica e fisiologia molecolare delle piante (CNRS / Inrae / SupAgro / Università di Montpellier).
Il ricercatore ha coordinato gli sforzi di 11 laboratori – francesi e stranieri – al fine di sequenziare il genoma di questa pianta. La lista dei suoi 38.000 geni, messa a disposizione della comunità scientifica, apre la strada a molte linee di ricerca.
"I semi di lupino bianco hanno un alto contenuto di proteine grezze: tra il 30 e il 40%, contro il 15-20% degli altri legumi (piselli, lenticchie, ceci…). Il che la rende una candidata ideale per nutrire la popolazione mondiale, in un momento in cui la domanda di proteine vegetali sta diventando più forte", commenta Benjamin Péret. Inoltre l'Europa incoraggia studi scientifici che mirano all'autosufficienza proteica, aggiunge. Con, senza dubbio, l'obiettivo di ridurre le importazioni di panelli di soia dal continente americano. In questo contesto, la filiera del lupino dispone di qualche freccia al suo arco.
I ricercatori si interessano al Lupinus albus per le sue radici dette "proteoidi", che gli consentono di estrarre in modo efficiente il fosfato contenuto nel suolo. "Oltre a fissare bene l'azoto come le altre leguminose, le piante di lupino sono in grado di modificare la chimica del suolo secernendo composti che rendono il fosfato molto più disponibile", precisa Benjamin Péret. Questa proprietà, rara nel mondo vegetale, è interessante per le colture miste. Perché, piantati vicino al lupino bianco, grano e mais catturano più fosfato del normale. "Grazie al sequenziamento sappiamo quali geni sono coinvolti nella formazione delle radici proteoidi. Ora stiamo studiando altre varietà di lupini – come il blu, coltivato in Australia – e tentiamo di trasferire queste capacità in legumi più diffusi o, perché no, nei cereali", aggiunge lo scienziato.
da: "L'Express" in Rassegna della stampa estera n. 1338, 14/5/2020