Parlando di prezzi dell’ortofrutta, non è mancato il solito teatrino durante l’emergenza Coronavirus. Coldiretti (forse incautamente) ha parlato di prezzi al consumo “40 volte l’inflazione” (che alcuni giornali hanno equivocato in “prezzi aumentati del 40%”); ha replicato Pallottini, n.1 di Italmercati, che non c’era nessun allarmismo, stando ai prezzi all’ingrosso. Poi le catene della GDO, chi più chi meno, hanno tenuto i prezzi calmierati, recuperando marginalità sui volumi venduti (in deciso aumento). La riscoperta del negozio di prossimità (magari gestito da extracomunitari) o del mercatino rionale è stato un fatto positivo ma è proprio qui che i prezzi dell’ortofrutta sono schizzati.
Chi ha ragione? Nel teatrino italiano, tutti e nessuno.
Abbiamo vissuto momenti di grande tensione, di economia quasi di guerra, tutti hanno avuto i loro problemi e ognuno si è arrangiato come può per sbarcare il lunario. D’altronde queste polemiche lasciano, come sempre, il tempo che trovano (ricordate i frullati d’aria fritta sulle zucchine d’oro in pieno inverno?). E’ più importante capire cosa succederà adesso, come conviveremo col virus, il che significa convivere con la crisi che durerà ancora per molti mesi. Capire come ne usciremo, certamente più poveri (Pil in caduta libera tra -6 e -10%), quindi con meno consumi, meno volumi, prezzi in caduta libera o comunque in preda ad un mercato schizofrenico (come ha denunciato Giacomo Suglia di Fruitimprese) mentre sono certi, certissimi gli aumenti dei costi “così come è certo il minor potere di acquisto dei consumatori, mentre i prestiti del DL Liquidità sono in balìa delle banche e della burocrazia per cui le aziende agricole e commerciali dell’ortofrutta vivono nell’incertezza e nella confusione.
Su CorriereOrtofrutticolo. it ci siamo sforzati di seguire (e continueremo a farlo) queste settimane di quarantena/lockdown attraverso gli interventi dei nostri esperti di economia e di food strategy come il prof. Corrado Giacomini o Claudio Scalise. Rimando alle loro analisi, puntuali e ben argomentate (le trovate sul nostro sito) su temi come l’e-commerce e le nuove tendenze del mercato. Dove atterrerà dopo la crisi il sistema Ortofrutta Italia, dove si fermerà la sua resilienza? Qui ci vorrebbe davvero la sfera di cristallo. Certo che tante cose cambieranno, e non necessariamente in meglio. Abbiamo capito che siamo un Paese ammalato di burocrazia, di mala-burocrazia, questo è il virus che non riusciamo ad estirpare. Chiunque dica di voler eliminare la burocrazia mente sapendo di mentire, o non sa quello che dice. Perché comandano gli apparati non i politici. La politica è debole, paralizzata dall’indecisionismo , dalla carenza di leadership, da una campagna elettorale permanente. Sono i burocrati che decidono, che scrivono le leggi, le ordinanze, i Dpcm (e si vedono i risultati). Nel Paese-manicomio è impossibile capire chi comanda (il Governo? le Regioni? i Comuni?). Le norme nascono da un mix micidiale e devastante di burocrazia e di confuso sentimento anti-impresa (il contagio da Covid-19 assimilato a infortunio sul lavoro!).
Ci sono 15 task force al lavoro per quasi 500 esperti. Manca quella per l’agroalimentare, e forse è un bene perché servirebbero altre centinaia di incarichi visto il moltiplicarsi delle rappresentanze. Mentre gli altri paesi facevano arrivare la manodopera stagionale con ponti aerei, noi ci siamo bloccati davanti a logori pregiudizi vetero-sindacali. Ultima riflessione: il mondo del vino si sta preoccupando di limitare la produzione con misure nazionali e comunitarie (distillazione, vendemmia verde, ecc) perché i consumi (e l’export) caleranno. L’ortofrutta che fa? Ci sarebbe bisogno di un progetto strategico condiviso perché, come noto, la produzione italiana è largamente eccedentaria rispetto ai consumi e c’è il rischio di ritrovarsi con una guerra tra poveri sui prezzi all’origine, in uno scenario prossimo venturo di forte calo dei redditi quindi calo dei consumi e pressione sui prodotti di maggior convenienza. Invece si naviga a vista, con gli attori sulla scena che procedono come sempre in ordine sparso . Per la ripresa servirebbe uno scatto nuovo , come nel secondo Dopoguerra; non ci si può limitare solo ad aspettare l’elemosina dello Stato, sotto forma di bonus o reddito di cittadinanza/emergenza. Può essere una occasione per ripartire , per ridare alla nostra ortofrutta il ruolo di un bene pubblico da tutelare e valorizzare perché fa bene, fa ambiente, fa innovazione, fa economia-sviluppo-occupazione. Oppure può essere una tempesta perfetta che saremo costretti a subire e solo chi ha spalle larghe ce la farà.