Il direttore generale dell'Organizzazione delle Nazioni unite per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO) Qu Dongyu esorta, in un intervento su "Le Monde", a un'azione coordinata affinché il Covid-19 non faccia il gioco della fame. La pandemia di Covid-19 sta mettendo a dura prova i sistemi di sanità pubblica in tutto il mondo e milioni di persone nei paesi economicamente più avanzati del mondo sono in qualche misura messe in quarantena. Sappiamo che la perdita di vite umane sarà elevata e che i massicci sforzi per invertire la tendenza hanno un costo economico elevato. Per ridurre il rischio di perdite ancora maggiori –penurie alimentari per milioni di persone, anche nei paesi ricchi –il mondo deve agire immediatamente per ridurre al minimo le interruzioni delle catene di approvvigionamento alimentare.
È necessaria una risposta coordinata e coerente a livello globale per impedire a questa crisi di sanità pubblica di innescare una crisi alimentare che impedirebbe alle persone di trovare o di procurarsi il cibo.(...) Se non c'è bisogno di farsi prendere dal panico – c'è cibo a sufficienza nel mondo per nutrire tutti – c'è una sfida che dobbiamo affrontare: assicurarci che il cibo sia disponibile dove ce n'è necessità. L'epidemia di Covid-19, che ha provocato la chiusura delle frontiere e il confinamento, ha creato vincoli logistici che si riversano sulle lunghe catene di valore della moderna economia globale. Restrizioni alla circolazione, così come comportamenti avversi dei lavoratori, possono impedire agli agricoltori di coltivare la terra e ai trasformatori di prodotti alimentari (che gestiscono la maggior parte dei prodotti agricoli) di occuparsi della trasformazione. La carenza di fertilizzanti, farmaci veterinari e altri fattori potrebbe avere delle conseguenze sulla produzione agricola. (...)L'incertezza in merito alle disponibilità alimentari può indurre i responsabili politici ad attuare misure commerciali restrittive al fine di garantire la sicurezza alimentare a livello nazionale. L'esperienza della crisi globale dei prezzi alimentari del 2007-2008 ci insegna che tali misure non possono che aggravare la situazione. Le restrizioni all'esportazione introdotte da paesi esportatori per aumentare le forniture alimentari a livello nazionale potrebbero causare gravi perturbazioni sul mercato alimentare mondiale, cosa che causerebbe impennate dei prezzi e una loro forte volatilità. Nel periodo 2007-2008, queste misure immediate si sono rivelate estremamente dannose (...). Dobbiamo imparare tutti dal passato per non ripetere gli stessi errori. I responsabili politici devono fare attenzione a non inasprire involontariamente le condizioni di approvvigionamento alimentare. Sebbene ogni paese abbia sfide proprie da affrontare, la collaborazione tra i governi e l'insieme dei settori e delle parti interessate è essenziale. Siamo di fronte a un problema globale che richiede pertanto una soluzione globale. Dobbiamo assicurarci che i mercati alimentari funzionino correttamente e che le informazioni sui prezzi, la produzione, il consumo e le scorte alimentari siano accessibili a tutti in tempo reale. Questo approccio ridurrà l'incertezza e consentirà ai produttori, ai consumatori, ai commercianti e ai trasformatori di prendere decisioni consapevoli e di contenere il panico ingiustificato che è possibile osservare nei mercati alimentari globali.(...) A soffrire la fame acuta nel mondo sono già 113 milioni di persone e, in Africa subsahariana, un quarto della popolazione soffre di sottoalimentazione. Qualsiasi interruzione nella catena di approvvigionamento alimentare intensificherà la sofferenza umana e accentuerà la sfida di ridurre la fame nel mondo. Dobbiamo fare del nostro meglio per impedire che ciò accada. La prevenzione costa meno. I mercati mondiali sono essenziali per mitigare gli shock legati all'offerta e alla domanda tra paesi e regioni e dobbiamo lavorare insieme per garantire che le interruzioni nelle catene di approvvigionamento alimentare siano minimizzate il più possibile. Il Covid-19 ci ricorda fortemente che la solidarietà non è carità, ma buon senso.
Da: “Le Monde”, in Rassegna Estera Agrapress, 8/4/2020