Le similitudini tra genetica e informatica non sono certo una novità. Alla base di entrambe, sterminate stringhe di un codice che, pur nella ripetitività di un alfabeto limitato, è in grado di fornire le istruzioni per progetti straordinariamente complessi come un essere vivente. Per questo motivo, tanto le cellule quanto i software, hanno finito per evolvere raffinati sistemi di protezione. Sia contro i malintenzionati che contro difetti di funzionamento interni. Ecco perché lo studio pubblicato su PNAS dai ricercatori californiani dello Scripps Research Institute di La Jolla, uno dei più grandi centri di ricerca privati e non-profit in discipline biomediche al mondo con sede nella contea di San Diego, ha del clamoroso. Per la prima volta, è stato infatti 'craccato' il codice genetico umano, ottenendo cellule capaci di produrre proteine inedite. L'esperimento di biologia sintetica è stato condotto sulle cellule staminali del sangue e apre nuovi scenari per lo studio dei meccanismi alla base delle malattie del sangue.
I ricercatori coordinati dal chimico Peter Schultz hanno modificato le cellule ematopoietiche umane, prelevate dal cordone ombelicale, infettandole con un virus appositamente ingegnerizzato. Il gruppo di Schultz non è nuovo a questo genere di imprese: la missione del suo laboratorio consiste nel progettare molecole e complessi macromolecolari sintetici combinando o modificando proprietà e strutture già esistenti in natura. Tuttavia, i tentativi precedenti erano falliti a causa della rimozione del materiale genetico virale nella progenie delle cellule staminali. Per questo esperimento, la scelta dei ricercatori sul virus da manipolare e quindi utilizzare come vettore è caduta su Herpesvirus umano 4, in grado di mantenere il proprio genoma distinto da quello dell’ospite, replicarlo e quindi distribuirlo alle cellule figlie nel momento della divisione.
Nella cellula sono normalmente presenti numerosi amminoacidi; tuttavia, solamente 20 vengono utilizzati nella sintesi di proteine. Grazie al nuovo vettore, i ricercatori hanno introdotto nelle cellule un piccolo RNA transfer (tRNA) cioè una breve molecola di RNA coinvolta nella traduzione delle informazioni genetiche contenute nel Dna in proteine. Dopo questa infezione virale pilotata, i macchinari molecolari delle cellule staminali sono stati in grado incorporare nella sintesi di nuove proteine un aminoacido non canonico – cioè un mattoncino sintetico non previsto dal codice genetico – in questo caso derivato dalla lisina.
Le cellule figlie hanno continuato a includere l’aminoacido sintetico anche dopo essersi differenziate in provetta grazie alla capacità del virus di autoriprodursi. I ricercatori hanno dunque provato a impiantare le staminali 'ritoccate' nei topi osservando come esse siano in grado di dare origine, mantenendo l’aminoacido inedito, all'intero insieme di organi e tessuti in cui avviene la produzione degli elementi corpuscolari del sangue (globuli rossi, bianchi, piastrine). Il risultato rappresenta una prima assoluta per le cellule umane, mentre in passato era stato ottenuto su batteri e lieviti ma anche cellule di altri mammiferi. "Grazie a questa nuova metodologia possiamo introdurre nelle cellule delle 'esche' (ovvero delle proteine marcate) con cui 'pescare' meccanismi molecolari altrimenti difficili da studiare", commenta Francesco Nicassio, coordinatore del Centro di genomica dell'Istituto italiano di tecnologia (Iit). "Abbinata ad altre tecnologie per lo studio delle proteine, questa tecnica ci permetterà di osservare in dettaglio i processi biologici alla base di molte malattie, partendo da quelle del sangue".
da Repubblica.it, 6/4/2020