La terribile pandemia che stiamo vivendo in questo periodo sta destando grandi preoccupazioni dal punto di vista sanitario ed economico. Da molto tempo non ci trovavamo di fronte ad una crisi internazionale di tale portata. Ritorna subito alla memoria la seconda guerra mondiale e i suoi funesti risvolti e soprattutto la “Spagnola”, che all’inizio dello scorso secolo ha sconvolto il mondo. Anche se manteniamo la speranza di uscire al più presto da questa pandemia, per tornare “normalmente” ai nostri affetti, alle nostre attività lavorative e alla nostra convivialità, abbiamo il dubbio che alla fine il mondo non sarà più lo stesso. Dal punto di vista della produzione agroalimentare, abbiamo assistito ad una grandissima evoluzione dall’immediato dopoguerra ad oggi. In primo luogo, sono state ampliate le possibilità inerenti la disponibilità e l’accesso al cibo per parte della popolazione, riassumibili sotto l’omnicomprensivo termine Food security. In secondo luogo è da osservare come la produzione alimentare si sia orientata verso il progressivo e continuo incremento degli standard relativi alla Food safety, tema ancora oggi di grande attualità dati i nuovi contaminanti. Infine, la ricerca e l’innovazione si sono orientate al miglioramento degli alimenti dal punto di vista nutrizionale, tecnologico e sensoriale, al fine di valorizzare e differenziare le produzioni.
Nel settore agroalimentare la globalizzazione ha generato l’opportunità di rendere disponibili in tutto il mondo numerosi prodotti, con effetti positivi sulla redditività dell’ industria alimentare e sul diritto di accesso al cibo. Parallelamente, abbiamo assistito ad un radicale cambiamento delle abitudini alimentari dei consumatori che, per motivi legati alla significativa modificazione degli stili di vita, all'aumento degli orari di lavoro e alla sempre minore disponibilità di tempo per cucinare, si sono spostati dai mercati locali e al dettaglio verso supermercati e discount. Dati i notevoli passi avanti compiuti in tutto il mondo per la produzione e la distribuzione dei prodotti alimentari, le problematiche inerenti la Food security e la Food safety sembrano essere diventati ricordi lontani. In questo contesto, valido per una larga parte del mondo, molti produttori locali non hanno la possibilità di entrare a far parte di questo business globale, stante la loro ridotta capacità produttiva e i prezzi non competitivi. Ultimamente molti studi hanno portato a strategie di differenziazione della produzione, valorizzandone la cultura, gli aspetti nutrizionali e la minimizzazione dell’ impatto ambientale. Il nostro gruppo si è dedicato alla filiera cerealicola dei grani antichi (Cappelli et al., 2018; Guerrini et al., 2020), la quale, attraverso il forte collegamento delle produzioni alimentari al territorio e la riduzione degli impatti ambientali (Recchia et al., 2019), potrebbe permettere alle aziende di ritagliarsi posizioni di mercato tramite la realizzazione di filiere integrate di produzione, consorzi, associazioni e altre forme di aggregazione imprenditoriale.
Ma cosa succede nel caso di crisi di dimensioni planetarie come la pandemia COVID-19? Se persino i paesi membri della comunità europea chiudono le loro frontiere, sarà garantita la disponibilità e l’accesso al cibo? Inoltre, date le restrizioni alle libertà personali dei consumatori applicate dai governi dei paesi che talvolta non permettono neanche di cambiare comune per l'acquisto di alimenti, come si può garantire a queste persone l'accesso al cibo? In questo scenario, sembra vacillare la “potenza” della globalizzazione agroalimentare. I potenziali problemi di Food security, ma anche di Food safety, che fino a qualche mese fa sembravano ricordi lontani, ritornano prepotentemente alla ribalta anche nel mondo ricco e globalizzato.
Una risposta a queste domande potrebbe essere fornita dalle filiere alimentari corte e dalle produzioni locali, che risentono in misura inferiore dell'effetto delle restrizioni internazionali e che, grazie alla loro radicata presenza sul territorio, sono più vicine ai consumatori. Per questi motivi, la presente crisi internazionale può insegnarci il valore di una riscoperta delle produzioni locali e delle filiere produttive corte, anima e specchio del nostro territorio, delle nostre radici e della nostra cultura alimentare. Come ricercatori ed appassionati della cultura del settore agroindustriale, riteniamo indispensabile il contributo di tutti per rafforzare le produzioni locali e le filiere produttive del territorio, fornendo a tutti gli interessati i risultati dei nostri studi e l’accesso alle innovazioni tecnologiche sviluppate, pensando anche ai cosiddetti paesi in via di sviluppo.
Ritornando alla nostra esperienza nella filiera di produzione e trasformazione dei grani antichi è possibile affermare che il miglioramento delle strategie di coltivazione, di macinazione e impastamento ha prodotto interessanti risultati (Cappelli et al., 2019; Cappelli et al., 2020b; Cappelli et al., 2020c). È importante sottolineare che in questa crisi le produzioni locali e le filiere corte possono rappresentare una potenziale àncora di salvezza per tutti i paesi del mondo a prescindere dal precedente livello di globalizzazione. Inoltre, il rafforzamento di questa microeconomia locale non porta giovamento soltanto nei momenti di crisi. Infatti consente di aumentare le possibilità di occupazione, di migliorare l’attrattività del territorio e senz’altro, di elevare la qualità della vita delle persone. Ricordiamoci infine che, quando siamo costretti a fare un passo indietro, aver investito nel miglioramento delle filiere alimentari corte e nelle produzioni locali potrebbe permetterci di andare avanti, preservando la disponibilità e l'accesso ai prodotti alimentari (Cappelli et al., 2020a).
Al seguente link è consultabile l’articolo: “Will the COVID-19 pandemic make us reconsider the relevance of short food supply chains and local productions?” pubblicato sulla rivista Trends in Food Science and Technology.
https://authors.elsevier.com/a/1arQQ3I9F4GzIR