A Bangkok non si portano le mascherine solo per proteggersi dal coronavirus ma anche dalle microparticelle provocate dagli incendi dei campi di canna da zucchero, scrive "L'Express" in un servizio dalla capitale thailandese, in cui spiega che per sbarazzarsi delle foglie prima di tagliare le canne, i contadini, piuttosto che indebitarsi per affittare delle macchine, preferiscono bruciarle. L'ampiezza di questi incendi, aggravata da una siccità eccezionale, è proporzionale all'importanza del settore.
La Thailandia è il quarto produttore mondiale e il secondo esportatore mondiale zucchero dopo il Brasile. Controllato da una decina di gruppi, il comparto fa vivere circa un milione di persone e genera un fatturato di 7,5 miliardi di euro (dati 2019). In dieci anni, la superficie delle piantagioni è quasi triplicata, sotto impulso di un piano governativo che punta a triplicare, entro il 2036, la produzione di etanolo, utilizzato come additivo al carburante.
La ricerca di un'energia pulita però, ha avuto effetti perversi, che rischiano peraltro - conclude “L'Express” - di incidere negativamente sul turismo.
da: Agrapress Notiziario, 20/3/2020