Un articolo pubblicato pochi giorni fa sul New York Times riguardo alla campagna “1000 miliardi di alberi” ha suscitato una vasta eco poiché vengono posti alcuni dubbi sulla efficacia della piantagione massale di alberi.
L’idea di piantare un trilione di alberi come “rimedio” al cambiamento climatico ha destato grande attenzione già l'estate scorsa, dopo che uno studio pubblicato sulla rivista Science ha concluso che piantare così tanti alberi rappresenta "la soluzione di cambiamento climatico più efficace". Il Washington Post, l’altro grande quotidiano americano, ha ribadito questa tesi (seppur con alcuni distinguo) in un articolo di qualche settimana fa.
Se solo fosse vero...Ma purtroppo non lo è. E non è così semplice farlo come lo è enunciarlo.
La stessa Greta Thunberg ha detto che piantare alberi è fondamentale ma non è la soluzione al riscaldamento globale, ma che dobbiamo smettere di emettere carbonio ora e passare a energie pulite. La maggior parte dei ricercatori che si occupano, a vario titolo, di questioni ambientali, compresi quelli coinvolti nella riforestazione, concorda con questa affermazione. Anche se sarebbe più corretto dire che Greta concorda con loro, visto che lei stessa, per prima ci dice: “ascoltate la scienza”. Comunque, la piantagione di alberi è sicuramente un'idea semplice, accessibile e di bassa tecnologia e con un ampio fascino.
Gli alberi sono le macchine per catturare il carbonio più efficienti del pianeta. Attraverso la fotosintesi, assorbono l'anidride carbonica, il gas climalterante che intrappola il calore nell'ambiente e lo trasformano in energia. Un’energia che crea nuove foglie, fusti di dimensioni maggiori, stocca il carbonio, modifica il microclima, ecc.
Quando si tratta di cambiamenti climatici, tuttavia, non tutti gli alberi sono uguali. Devono essere piantate le specie giuste nel posto giusto. Devono vivere fino alla maturità. Anche la posizione geografica è importante: gli alberi piantati in Italia non hanno la stessa capacità di lotta al carbonio degli alberi piantati nei tropici, dove crescono più rapidamente e quindi catturano più carbonio, ma dove hanno anche un ciclo vitale più breve e il carbonio sequestrato ritorna più velocemente in atmosfera. Le nuove foreste ad alte latitudini possono essere meno efficienti nel breve termine, ma lo sono di più nel lungo termine, perché il carbonio rimane stoccato molto più a lungo.
Come ho già scritto in precedenza, piantare alberi può certo avere effetti nel limitare il riscaldamento del pianeta, ma l'unica cosa che salverà noi e le generazioni future dal pagare un enorme prezzo economico, umano e ambientale è una rapida e sostanziale riduzione delle emissioni di carbonio da combustibili fossili, a zero netto entro il 2050.
Impossibile? Forse, ma dobbiamo provarci.
Il cambiamento climatico è sicuramente anche un problema politico, ma la comunità scientifica è unanime su questo: il cambiamento è reale e sta già avendo un impatto sul nostro pianeta. Gli anni dal 2014 e il 2019 sono stati i più caldi da quando la registrazione è iniziata negli Stati Uniti a metà del XIX° secolo. Non possiamo ignorare le temperature estreme più di quanto non possiamo ignorare le precipitazioni che si sono intensificate negli ultimi anni. Non possiamo negare come la qualità dell'aria sia in pericolo, come è inconfutabile l'accresciuta gravità di eventi meteorologici pericolosi.
È ormai ovvio che la crisi climatica non può essere affrontata solo attraverso soluzioni tecnologiche: richiede anche profondi cambiamenti culturali.
Il nostro atteggiamento nei confronti dell'ambiente può e deve cambiare.
Non è solo un problema ambientale. Ha gravi ripercussioni ecologiche, ma è soprattutto una questione di sviluppo umano. E ha profonde implicazioni per la tecnologia e le infrastrutture, per il mondo degli investimenti e della finanza e per la sicurezza globale. Forse questo riesce a farci capire meglio la portata della crisi climatico-ambientale? Forse parlare di impoverimento e sicurezza personale riuscirà a farci agire insieme, persone e politici? Purtroppo, in un mondo complesso che deve affrontare problemi complessi, è seducente per i politici identificare un singolo colpevole o una forza malvagia da incolpare dell'erosione della società, dell'economia e del benessere delle masse, quando invece dovremmo guardare alle nostre azioni quotidiane perché parte da lì il vero cambiamento.