La visione attuale dell’Africa da parte del mondo occidentale non è cambiata negli ultimi decenni e viene spesso evidenziata solo la difficile situazione delle popolazioni e la loro condizione critica del sistema socioeconomico e alimentare. Emerge frequentemente la scarsa considerazione e conoscenza delle reali potenzialità agroindustriali e sociali dei Paesi Africani, che opportunamente definite consentirebbero uno sviluppo economico integrato ed in equilibrio con le risorse ambientali e naturali disponibili sul territorio. La crescita dell’economia dei Paesi africani rimane legata alle origini etniche, storiche e culturali delle popolazioni, le quali, nonostante l’influenza discutibile del periodo coloniale, devono migliorare le loro condizioni con gradualità, basandosi sulle reali ed oggettive competenze locali.
La professionalità, la capacità operativa e organizzativa, in loco, devono essere adeguate alle tecnologie che vengono messe a disposizione dai Paesi occidentali. Lo sviluppo dei Paesi Africani dipende molto dalla loro volontà di accettare e partecipare al processo di innovazione tecnologica, che deve inserirsi in una società rurale in fase di forte trasformazione. Tale cambiamento sociale non deve essere imposto, come spesso avviene, ma accompagnato tenendo presente l’origine, la storia, le abitudini e tradizioni delle popolazioni per cui gli interventi devono migliorare il loro sistema di vita senza stravolgerlo. In Africa, vengono effettuate dai Paesi Europei, compresa l’Italia, molte azioni umanitarie e di sviluppo socioeconomico nel settore agroindustriale e alimentare. Queste sono presentate e gestite come interventi assistenziali in territori limitati, con scarso coordinamento e non concordati con le Amministrazioni locali e governative, per cui i benefici sulle popolazioni sono limitati. I Paesi africani soffrono l’eccesso di carità e donazioni, che spesso disincentivano la crescita sociale ed economica delle comunità, soprattutto rurali, che aspettano l’aiuto esterno per il vivere quotidiano e non per creare processi innovativi compatibili con la loro base culturale.
Le esperienze acquisite, positive e negative, dai molti progetti di cooperazione con i Paesi africani, evidenziano le difficoltà operative accompagnate da forme suggestive di informazioni che vengono, a volte, distorte dalla realtà esistente in molte comunità rurali, dove l’agricoltura viene ancora gestita con sistemi tradizionali e con i mezzi tecnici disponibili sul territorio. Assieme a sanità, scuola e formazione, l’agricoltura consente già a molte popolazioni africane di avere una sufficiente disponibilità di cibo, che non sempre raggiunge le tavole delle famiglie in quanto una parte si perde a seguito della mancanza di infrastrutture adeguate, esperienza degli operatori, tradizioni e abitudini alimentari.
Nel caso dell’Africa occidentale in Paesi con una certa stabilità politica come Senegal e Camerun, le azioni e gli interventi per lo sviluppo agroindustriale sono in gran parte diretti alle Comunità locali, rurali e non, gestiti da Associazioni ed Enti pubblici o privati che portano miglioramenti sociali su aree limitate e non su territori vasti, almeno regionali, del Paese beneficiario. Le piccole Comunità rurali hanno difficoltà nella gestione dell’innovazione tecnica loro proposta, che in casi estremi porta al fallimento del progetto stesso. Differenti risultati possono essere ottenuti con interventi programmati e organizzati in accordo con le Autorità Governative centrali e locali del Paese beneficiario, in quanto si può operare sull’intera filiera agricola, che parte dalla formazione tecnica alle attività di campo, ai mezzi tecnici e infrastrutture, al sistema di lavorazione, commercializzazione e collocazione del prodotto, per cui la ricaduta riguarda notevoli fasce della popolazione. Nel caso del Camerun le attività intraprese coinvolgono le giovani generazioni formate nella scuola agraria di Ayounde (progetto New Generation), le Autorità di Governo, l’Associazione Produttori di cacao e caffè (CICC), le Ambasciate ed i Consolati, la Camera di Commercio Italo-Camerunense, Industrie italiane, per cui si è creata una linea di filiera che collega i produttori camerunensi con le aziende italiane, nel tentativo di ridurre i passaggi intermedi e dare tracciabilità ai prodotti. I Paesi occidentali nel breve periodo dovranno trovare la via dell’integrazione con le aree africane, valutando le realtà locali e le radici storiche delle varie Etnie e tenendo presente che l’unione dei popoli passa, da sempre, attraverso l’agricoltura.
(L’articolo è una sintesi della relazione presentata nel corso della Giornata di Studio “Oltre il cibo: sistemi agroalimentari integrati in alcuni Paesi in via di Sviluppo”, che si è svolta all’Accademia dei Georgofili il 23 gennaio 2020)